di don Fabrizio Cotardo
20 Febbraio 2019
Alle 03:00 del mattino è iniziata questa “avventura”.
Alle 19:45 (18:45 italiane) siamo arrivati in albergo a Betlemme.
Mentre il pullman ci accompagnava da Tel Aviv a Betlemme diverse sono le città incontrate sul nostro percorso; diversi i nomi che richiamano alla mia mente tanti episodi biblici: Gerusalemme, Betlemme, Emmaus.
E mentre la guida ci conduce tra le pagine della Scrittura e il pullman mi porta a sfiorare il perimetro di Gerusalemme (anche qui i nomi oggi acquistano una connotazione ben precisa: porta dei leoni, porta di Giaffa) attraversiamo la valle dei pastori per entrare a Betlemme.
Non è un sogno.
È tutto vero.
Gerusalemme è più vicina che mai e Betlemme, ne è indissolubilmente legata.
Posti che parlano di Lui.
Posti di cui ho sempre sentito parlare.
Posti che oggi mi appaiono diversi, più reali.
Posti che in questi giorni mi regaleranno non un sogno, ma la “realtà”.
Quella “realtà” che ha un nome.
Quella realtà che Gesù è.
E mentre nel buio serale una straordinaria, grande luna rossa sovrasta Gerusalemme e i tanti minareti sono illuminati da luci “vistose” e “chiassose” io entro nella città dove è sempre Natale, avendo la certezza che qui ha avuto inizio il Suo essere Emanuele, Dio con gli uomini.
E respirando tante magnifiche emozioni son qui a “riscoprirlo” sapendo che qui Lui ha camminato, qui ha insegnato, qui ha compiuto prodigi.
Sono a Betlemme.
Ed è bello sapere che qui la Parola si è fatta carne.
Sono a Betlemme, “la casa del pane” e “affamato” di Dio inizio questo pellegrinaggio chiedendogli la grazia di plasmarmi con la Sua Parola.
Sono a Betlemme… in cerca di Dio.
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