Speciale Emigranti.
Don Bruno Cirillo a colloquio con il sindaco di Roccella Ionica Vittorio Zito
Anticipiamo questo servizio che sarà pubblicato sul prossimo numero di Pandocheion-Casa che accoglie.
Fra gli ultimi sbarcati a Roccella vi sono tre ragazzi egiziani, “scalmanati”, di 14 anni, partiti senza dire niente. Uno di essi ha un fratello a Roma, un fruttivendolo che ha come cliente una ragazza originaria di Bovalino. Questa ha contattato l’ex sindaco di Benestare, Rosario Rocca, che a sua volta ha chiamato per avere conferma della presenza a Roccella Ionica di questo ragazzo. Dai documenti è risultato che era veramente lui. Stamattina c’è stato il ricongiungimento, “un momento di grande emozione, una cosa carina”.
Vittorio Zito, Sindaco di Roccella, è seduto insieme a me e a Giovanni Lucà al tavolo di un ufficio luminoso ed essenziale dell’autorità portuale. È il pomeriggio di venerdì 22 ottobre. Con evidente soddisfazione ci racconta di questo episodio, tessera di un mosaico di prima accoglienza che nella cittadina dei Carafa si arricchisce costantemente di numeri e trame di varia umanità.
“La situazione è pesantissima, sono mesi che mi sgolo per dirlo ma …”
Questo ti volevo dire. Anzitutto mi colpisce molto la tua serenità, considerando che è una problematica, questa, che solo a nominarla fa venire l’orticaria ad una montagna di gente, anche ben collocata. Solo ieri avete avuto quattro sbarchi, più di quaranta negli ultimi quattro mesi. Avete chiesto aiuti al Governo, forse l’avete fatto in maniera troppo gentile, attraverso un canale istituzionale e quindi la risposta finora non c’è. Non siete scesi in piazza, non avete conferenza stampa gridate. Ma chi ve lo fa fare?
In realtà il nostro coinvolgimento è sopravvalutato, noi ci occupiamo solo del soccorso. Sono convinto che anche il peggiore dei leghisti quando vede sbarcare un bambino di 12 anni da solo, gli occhi smarriti, non farebbe la stessa cosa che fa in televisione. Una cosa è parlare del fenomeno migratorio, altra cosa è vedere quando arrivano. Noi lo vediamo e questo significa vedere gente in difficoltà. A parte frange folli che comunque ci sono in Italia, nessuno si sognerebbe mai di dire: non mi curo di te, non ti do il mangiare o cose del genere. Questo è il primo aspetto
Il secondo è legato al fatto che saranno vent’anni che si convive con questa realtà e c’è una comunità che comprende. Qualcuno accetta di più qualcuno di meno, ma comprende. Ci sono problemi, ovviamente, nel quartiere dove c’è il centro di accoglienza, problemi oggettivi, ma anche di confusione, di pullman che si fermano… Però devo essere sincero, al di là di qualche cretino che sui social, quando Telemia dà la notizia, scrive: portateli a casa, prima noi… non ho mai ricevuto reazioni.
Sì, tu dici, da bravo ex-scout tra l’altro: come fai a non accoglierli quando li vedi… Però questo può accadere per una volta, per un breve periodo. Questa è una tendenza che dura a questi ritmi da un annetto buono
Nel 2019, anno in cui mi sono insediato, ci sono stati 467 sbarchi in tutto. Nel 2020 1098, oggi siamo a 3280, 10 volte gli sbarchi del 2019 e il triplo del 2020. La cosa che per me è incredibile è come non si riesca a capire …. La difficoltà che ha il Ministero ad intervenire è legata all’assenza di norme che glielo consentano. Prima dei decreti Salvini il sistema di accoglienza aveva un circuito guidato (il soccorso era dirottato su Reggio Calabria, qui c’erano centri gestiti dal Governo, che presidiavano l’attività di assistenza, c’erano strutture dedicate a questo)…. I decreti Salvini individuano 4 hotspot in tutta Italia. Hotspot significa che la struttura che si occupa dell’assistenza è gestita direttamente dal Governo, che fa una gara per l’affidamento (per Lampedusa supera il milione e trecentomila euro di valore). Noi siamo l’unico Comune in Italia che si occupa dell’assistenza con questo numero di migranti. Tra me e il mio collega (è un onore per me averlo collega) il sindaco di Bova, dove ieri c’è stato uno spiaggiamento, per il Governo non c’è nessuna differenza. Quello che deve fare lui lo devo fare io, con la differenza che lui gestisce uno spiaggiamento di 50 persone ogni 2-3 anni, noi gestiamo uno sbarco ogni tre giorni (questi numeri degli ultimi 4 mesi) e tremila persone. Sono mesi che io predico a vuoto della necessità di considerare Roccella come un unicum, una cosa speciale. Si sta lavorando per l’hotspot, ma per il prossimo anno. Per il presente quale soluzione mi date? Nessuna. Dicono: sì, sindaco, ma è il Comune che deve gestire le prime cose… Il Comune… Quello che ci fornisce i pasti finora ci ha portato fatture per 160 mila euro.
Da coprire col bilancio comunale
Da anticipare col bilancio comunale e nella più felice delle ipotesi ci verranno rimborsati con un anno di ritardo. Ancora non abbiamo preso i soldi del primo sbarco del periodo Covid dello scorso anno, quando abbiamo ricoverato un ragazzo. Però tieni conto che al di là dell’aspetto finanziario, noi non abbiamo la forza organizzativa per gestire un fenomeno così. Né puoi dire: non ce l’hai, però ti tocca. No. I latini dicevano: ad impossibilia nemo tenetur. Mi pare che stiamo dimostrando di fare il possibile e qualcosa di più, l’impossibile non ci può essere richiesto.
Nel concreto, in questo momento, quali sono i soggetti che sono coinvolti in questa “procedura” di accoglienza?
Quando dico “noi siamo lasciati soli” ovviamente non parlo di me solo e nemmeno del Comune, ma della macchina che si occupa dell’assistenza, che fino ad una certa data era fondata solo sul volontariato. Poi abbiamo dovuto prendere una decisione, perché il volontario (si intende Croce Rossa Italiana, associazione “Aniello Ursino” di Roccella e la Protezione civile di Caulonia), non puoi chiedere di fare le pulizie del centro. Di giorno a volte è indicibile e indescrivibile come si lasciano i bagni. Ma perché quei bagni sono parametrati per 50 persone e lì ci stanno in 200. Non è un problema di civiltà, chiunque di noi, con un terzo o un quarto dei bagni necessari…. Chi ci va dentro i bagni per pulirli? Non compete al volontario, che fa assistenza alla persona. Abbiamo dovuto contrattualizzare tre persone, che non ce la fanno con questi ritmi. Allora ho detto alla Prefettura: fate un elenco di spese che io posso sostenere, mi date certezza sulle spese? Per esempio, i bagni chimici li posso prendere o no? Non ho avuto risposta.
Neanche dalla Prefettura?
La Prefettura dice: dipende dal Ministero. Stanno studiando un’ipotesi di convenzione. Il risultato è che questi che vedi in porto da ieri fanno la pipì e i bisogni tutti dietro le barche ed io non posso fare niente. Perché noi, gli abbiamo scritto 10 giorni, fa o ci occupiamo del centro o dell’assistenza in banchina. Non c’è stato uno che ha detto: compro tre gazebo. Il gazebo che vedete ce l’ha prestato l’associazione di tiro a segno: il presidente dell’associazione è mio zio, che oggi ho invitato a casa mia per una pizza, per addolcirgli il fatto che il gazebo non lo vedrà più.
È un problema di personale?
È un problema organizzativo e di chi si assume la responsabilità. Non è neppure un problema finanziario, noi abbiamo grande spazio di credito con le aziende. Il problema è: io posso comprare 4 gazebo? Nelle competenze del Comune non rientra l’assistenza ai migranti
Voi dovreste avere delle deroghe anche di carattere normativo
Voglio qualcuno che mi dica: queste spese le puoi fare, queste no. Quando mi si dice: sì, le puoi fare, fai tre preventivi, fai le gare…. Vuol dire che siamo sulla Luna. Io ho risposto: io non ho intenzione di gestire le gare, gestitevele voi. C’è sempre questo alone… che poi uno nelle emergenze chi sa che combina…
Ci guadagna…
Quando ho detto che sono 160mila euro, si pensa: come, 160mila euro? Sì, 160mila euro: sono 2 euro per la colazione, 12 per il pranzo completo e 10 per la cena. Vi sembrano prezzi da Hilton o prezzi sui quali ci si può marciare, dato che tra l’altro il cibo viene consegnato?
Mi pare di capire che operativamente c’è stata un’interazione tra amministrazione comunale in senso stretto e popolazione di Roccella Ionica. Questo movimento di accoglienza, che sicuramente è promosso dall’amministrazione, dalla gente come è stato supportato?
Guarda, abbiamo un problema serio: non riusciamo a soddisfare le richieste di partecipazione, anche da parte della Caritas, per un motivo semplice, il Covid. Non puoi dire alle persone: vieni a darmi una mano. Bisogna stare molto attenti, oltre che conoscere le procedure. Se fossimo stati fuori dal Covid sono certo che avrei avuto 20 persone su cui contare, il problema della pulizia dei bagni non ci sarebbe. Però in queste condizioni è difficile dire: sì, dateci una mano. C’è un sacco di gente che vuole darci i vestiti. Non ci servono vestiti, perché c’è il kit per cambiarsi ogni due giorni e va bene, Portano un sacco di roba per i bambini, il pallone… A me chiedono tantissimi di partecipare, io dico a tutti: guardate, se dovessimo avere necessità impellenti magari vi chiamiamo. Però non ti puoi prendere la responsabilità di dire all’Azione Cattolica o agli Scouts o al gruppo micologico: venite a darci una mano in questo momento.
La gente arriva e sbarca. Poi cosa succede?
In banchina c’è l’assistenza che fa la Croce Rossa, cui abbiamo dato un modulo abitativo in Porto, a titolo gratuito ovviamente e con le utenze a carico nostro. È l’avamposto della prima accoglienza. Appena sbarcano c’è la visita medica da parte dell’USMAP, si fa il tampone e poi il viene attribuito un numero ad ogni migrante. Poi, al centro di accoglienza, c’è la fase di fotosegnalamento ed identificazione, dopodiché bisogna aspettare che il Ministero dica alla Prefettura dove possono andare a fare la quarantena e si inseriscono così nel percorso di accoglienza.
Oggi abbiamo avuto il problema degli ultimi arrivati, che sono rimasti in banchina perché non possono andare al centro, dove ci sono 190 persone e la struttura ne può contenere massimo 120. La situazione della banchina è esplosiva. Non è detto che al centro finiscano stasera di fotosegnalare e di spostare quelli già presenti. Io ho scritto che più di 120 al centro non possono andare e ho detto che il 121esimo fa sì che io non ne risponda più. Continuano a dire: no, sindaco, ma che facciamo… Ho detto: fate due righe e dite che vanno al centro. No, no, hanno detto, ci vanno e poi si vede. Capito?
Le Istituzioni locali… I tuoi colleghi sindaci hanno battuto qualche colpo? La mitica associazione dei sindaci della Locride potrebbe avere un ruolo in questo processo.
Mah… devo dirti, è un po’ complesso. Perché sei responsabile per il fatto che l’evento avviene nel tuo territorio. Un sindaco che prende in carico soggetti non sbarcati sul suo territorio oggettivamente ha un problema di copertura normativa importante. Per cui io non credo che sia un tema di insensibilità o di non solidarietà, anche perché oggi è successo a Bova, l’altro giorno è successo ad Ardore, l’anno scorso è successo a Caulonia, quindi non è che ci sono comunità che non accettano lo sbarco, lo straniero, e si ribellano… non è quello il tema. Se 70 devono andare a Caulonia non è che il paese fa le barricate o il sindaco dice di no. Il problema è che non ha il titolo per farlo. Per questo ti dico che non può essere gestita dai Comuni. Si dovrebbe dire: sì, benissimo, questi qua li gestiamo in una struttura del comune di Caulonia, di Gioiosa, però sotto la responsabilità e la regia di qualcuno. Quello che ho chiesto è che questa cosa sia tolta dalla competenza dei Comuni. Dopodiché noi siamo a fianco, lavoriamo, ci ammazziamo, quello che volete, ma non può essere più gestita con gli strumenti che abbiamo in mano.
Chiaro. Ma la Chiesa si è fatta viva?
Sì, ci siamo visti… Per esempio, ieri abbiamo avuto un bell’incontro con padre Francesco (parroco a Roccella, n.d.r.) al quale ho spiegato la situazione. Il fatto di non chiedere l’intervento di altri è perché più persone siamo a gestire in questo momento, più confusione si fa. Però, per esempio io oggi devo interessare sicuramente qualcuno della Chiesa, perché ci sono tre minori di 11 e 12 anni e le comunità che si occupano di minori che arrivano non accompagnati li prendono da 14 anni in su. Queste sono le cose straordinarie italiane, per cui questi tre poveretti sono qui (uno ricoverato a Reggio, ma è un falso positivo ed entro lunedì sarà dimesso) e ad oggi non sappiamo dove metterli.
Dovrebbero essere delle famiglie a farsene carico, oppure….
Oppure dei centri, Istituti delle suore…. Fra l’altro il ministero riconosce 35 euro per ogni minore. Ecco, qua devo essere sincero mi aspetto che ci sia un aiuto, che non mi lascino solo… Però ancora non li ho interessati
Ecco, tu chiederesti questo alla Chiesa “normale”, quella della gente comune
Ieri mi dicevano pure: ma perché devono dormire sul molo, abbiamo la casa della caritas… Ma se tu occupi quella casa devi fare il sistema di sorveglianza della polizia, devi duplicare la sorveglianza. Se sono al centro del paese non lo vogliono, perché devono sorvegliare tutti i lati. È tecnicamente complesso, non è la spinta solidaristica che risolve il problema, potrebbe anche complicarlo. Questa cosa dei minori è invece “classica”, penso che avrò una risposta. Più tardi sentirò il vescovo, vediamo che mi dice ma… su questo una risposta me l’aspetterei.
Ti faccio una distinzione tutta mia tra la “Chiesa normale” e la Chiesa che secondo il modo comune di sentire è quella “che conta”, quella dei preti, dei vescovi. Da questi che ti aspetti?
No, in questa questione dei migranti devo dirti, io ho sempre avuto telefonate non solo di vicinanza e solidarietà, ma anche di “diteci quello che dobbiamo fare”. Se noi non chiediamo, il motivo l’ho spiegato. Perché uno può anche fraintendere e dire: perché chiamate sempre la Croce Rossa? Ma la Croce Rossa tecnicamente sa come intervenire, i volontari di protezione civile pure, i nostri operatori sono ex-volontari con molta esperienza. Credo che il Covid abbia inciso tantissimo sulla possibilità di esprimere veramente la volontà di collaborazione e cooperazione.
Quanti sono, quelli di cui parlavi, rimasti in porto?
Cento. Ma tanto arrivano ancora. La cosa andrà avanti. Ho detto al Ministero: non vi illudete che ‘sta cosa qui vada scemando. Ne sono convinto perché l’ho testato personalmente…. Si emigra per un binomio, disperazione-aspirazione. I ragazzini egiziani sono venuti per aspirazione. Il fratello si è imbestialito, dopo averlo abbracciato. Io ho chiesto a questo fratello: Daniele, perché vanno via dall’Egitto, che non è la Svizzera, ma non mi pare un posto dove si sta male? Mi ha risposto: c’è un proverbio che dice in Egitto non è mai morto di fame nessuno. C’è un sistema di reti lunghe familiari e in qualche modo di welfare statale, che a tutti dà un livello di sopravvivenza. Ci sono aziende agricole importanti, l’industria… Questi sono venuti perché vedono le foto che mandiamo noi, delle macchine, di Roma, del bar dove prendi l’aperitivo. Quelli emigrano per aspirazione, per migliorare le loro condizioni. Tutti gli Iracheni, i Siriani gli Iraniani, gli Afghani invece emigrano per disperazione, perché dietro di loro hanno solo la morte. Quando uno c’ha dietro la morte, mica può ragionare… va avanti. Non finirà in inverno, perché loro appena vedono il mare calmo partono.
È veramente ridicolo in Italia che tu, ad una mamma sbarcata, come è successo qua, con un bambino di 80 giorni, devi far fare la trafila per stabilire se ha diritto o no all’asilo politico. Se una mamma si fa 4 giorni di navigazione con un bambino di 80 giorni, che discussione vuoi impiantare, fammi capire… Vedere se là c’è la guerra o no, stabilire se è il caso specifico di perseguitato…
Se uno viene dall’Afghanistan in queste condizioni, che interrogativo gli devi fare? Invece gli fanno perdere un anno, un anno e mezzo per sapere se hanno diritto o no all’asilo politico. In questo tempo stanno nei centri di prima accoglienza, liberi… Allora, se tu sei in un centro, libero con la famiglia, che fai? Esci e dici: scusate, c’è una giornata per raccoglitori di olive, così faccio due soldi e miglioro le condizioni della mia famiglia? Invece se uno volesse venire a lavorare, cosa necessaria perché domanda di manodopera ce n’è e la nostra offerta è bassa, non c’è un percorso legale per entrare in Italia. Gli Africani provengono per l’80 per cento da Stati in cui abbiamo le ambasciate. Ci vuole… quello che sta facendo la Comunità di S. Egidio con i corridoi umanitari. Lo Stato mette in piedi un sistema dove dice: guardate, noi quest’anno possiamo accogliere 20 mila migranti per lavori saltuari. Vi facciamo il biglietto aereo per venire e tornare e rimangono a lavorare 6, 8 mesi, quanto devono. Invece no… ed ecco il caporalato, perché sono tutti in nero, lo sfruttamento, l’esempio di San Ferdinando, una cosa che definire da terzo mondo è fare un complimento al terzo mondo… è un sistema che è folle. Questo perché non si ha il coraggio di dire le cose stanno: non siamo in emergenza perché non abbiamo un numero di immigrati straordinariamente alto, non esiste una emergenza immigrati.
Tanti avvistamenti in mare proprio in corrispondenza di questa costa… Detto in termini un po’ provocatori: il fatto che voi siete così accoglienti e disponibili, non costituisce un incentivo per i trafficanti, per far orientare le rotte proprio in questa direzione?
Il tema delle rotte è legato al punto di partenza. Vedi come è la cartina? (ci indica una carta del Mediterraneo, sulla parete vicino al tavolo). Partendo dalla Turchia loro vanno diritti. La prima terra che incontrano non è la Sicilia, ma la Calabria, lo Jonio calabrese. Tanti dicono: li portano tutti a Roccella. Sullo Jonio calabrese ci sono due porti, Crotone e Roccella Ionica. Non è che dici: perché non li portano a Locri… Non c’è il porto! La cosa vera e che si è aperta una rotta che parte dalla Turchia e dall’Egitto, e questa mi preoccupa di più, devo dire… Perché mentre dalla Turchia partono tragicamente organizzati con i velieri da 50 posti, dall’Egitto, come è successo l’altra volta, prendono un rimorchiatore nuovo, mettono 300 persone, un egiziano che lo sa guidare, e vanno diritti. Se si apre quella rotta in Egitto, cu’ ‘i teni? Arriveranno le navi con 6-700 persone.
Noi siamo un pontile sul Mediterraneo, dobbiamo accettare che sia così
Noi siamo diritti… Quello che a volte non si riesce a comprendere è che loro non scelgono la Calabria… Se ci fosse prima la Puglia, andrebbero in Puglia. Non è che c’è un passaparola sulle modalità di accoglienza. Molti dicono: ma perché non vanno a Reggio Calabria? Ma il porto di Reggio non è sullo Jonio, devono girare e fare lo Stretto, cosa non facilissima. Poi ci sono volte che non riescono a governano il vento. Perché quelli sono sbarcati a Bova? Perché il vento li ha portati lì. Non hanno voluto lanciare l’Sos, perché loro se possono cercano di spiaggiarsi, per poter poi scappare. Ma se l’Sos lo lanciano qua di fronte, necessariamente al porto di Roccella li devono portare.
Grazie
Grazie a voi
Le ultime notizie sono che il Ministero ha incaricato la Croce Rossa di montare in porto una tensostruttura stabile che potrà ospitare 150 persone. Un supporto provvidenziale per il fatiscente centro di accoglienza. Che nel frattempo si è svuotato ed ospita 38 persone. Fino alla prossima ondata.
Bruno Cirillo
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