25 giugno 2020
La fede nostra è amore “fatto con le mani” e cura amorevole delle relazioni con noi stessi, con gli altri, con il creato, con Dio.
Non è moltiplicando parole che entriamo in relazione con Dio in Gesù, ma accarezzando il volto di lacrime con le mani sporche di fatica, prendendo sulle nostre spalle il dolore e il grido del povero.
Non possiamo “fare eucaristia” se non facciamo prima comunione. Il rito ha valore se esprime e raccoglie la vita.
E dobbiamo essere sempre pronti a reinventarci il nostro rapporto con Lui, leggendo la Sua presenza anche nei momenti di notte e di morte. Impariamo dal “pio ebreo” che, perseguitato, esiliato, deprivato del Tempio, riesce a stabilire un rapporto sempre più puro e profondo e, gradualmente, scopre che Dio non abita il tempio ma il cuore.
24 giugno 2020 – Natività di San Giovanni Battista
Giovanni: la vocazione-missione della Chiesa
Il nome non indica solo appartenenza, ma anche vocazione-missione.
Giovanni non è solo “proprietà di Dio”, ma significa ciò che Dio realizza attraverso questa persona: misericordia e verità, giustizia e grazia.
Ultimo dei profeti della Prima Alleanza, primo “tra i nati di donna” ad aprire l’ Ultima e definitiva Alleanza, spianando la strada all’ “Uomo dei Dolori, avvezzo al patire”.
Ho sempre visto in Giovanni la vocazione-missione della Chiesa: preparare le strade, gridare le ingiustizie, muovere i cuori, indicare l’Agnello, mettersi da parte senza voler fermare a sé nessuno.
Ma anche, e soprattutto, essere voce del pianto e del dubbio dell’uomo di oggi: “sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?”.
Non aver paura del dubbio. Non aver paura di vivere la tentazione di “aver corso invano” e grida con tutte le tue residue forze: “se tu squarciassi i cieli e scendessi!”.
23 giugno 2020
Dalla parte del piccolo e del debole
Mi sollecita questo brano del Secondo Libro dei Re (2Re, 19, 9 – 36): il regno di Israele è già stato conquistato dagli Assiri, rimane il piccolo e insignificante regno di Giuda con la sua capitale, Gerusalemme. Ed ora, Sennacherib, re di Assiria, si accinge a conquistare anche la città santa. Siamo agli estremi e non ci sono vie d’uscita, possibilità di salvezza. Un re che ha a cuore la sorte del suo popolo ma anche cosciente della propria impotenza, ha un’unica via: rivolgersi al Dio vivente che non è come gli dei di legno e pietra degli altri popoli e smuoverlo ad intervenire per la salvezza del popolo e per la Sua maggior gloria.
Cosa succede? Il profeta Isaia parla in nome di Dio e annunzia l’impossibile. Il piccolo resto di Gerusalemme, l’insignificante, resterà in vita e il re d’Assiria non potrà neppure entrare in città.
La logica di Dio e la sua parzialità! Egli si schiera sempre dalla parte del piccolo e del debole e confonde l’arroganza del pre-potente (un Davide vince sempre sul Golia di turno). Egli non po’ abbandonare chi è “tatuato sulla Sua mano”.
Ci vuole una grande fede per credere l’insperato. Ma ci vuole anche memoria per ricordare quanto Egli ha fatto “ai nostri padri” e ci vuole il coraggio di “svegliarLo” perché ancora oggi intervenga.
22 giugno 2020
Come faccio a non giudicare?
Quando c’è una situazione oggettivamente negativa, quando il comportamento dell’altro è sbagliato, quando vedo la menzogna elevata a verità, quando, dietro a ricchi paludamenti, si avverte solo il vuoto e l’ipocrisia… come faccio a non giudicare?
E quando proprio non posso fare a meno di giudicare, che almeno lasci sempre la possibilità dell’appello: che io consenta sempre all’altro di giustificarsi. Il giudizio, quando non lo si può evitare, non sia mai condanna definitiva.
Mi viene detto semplicemente: guardati.
Purtroppo, quanto più sono indulgente con me stesso, tanto più sono spietato con l’altro. E la trave che porto nell’occhio, la faccio passare per un bruscolino o, persino, do la colpa all’altro come se l’avesse conficcata lui.
Come sono bravo con me! Ed ho sempre mille scusanti…
Forse è il momento di riscoprire la pratica dell’esame di coscienza che mi permette di vedere come Dio mi tratta e come mi ama e proporzionare, così, il mio rapporto con l’altro. E se ho il coraggio di dire a Lui: abbi pazienza con me, devo avere l’umiltà di avere pazienza con l’altro.
21 giugno 2020 – XII Domenica del Tempo Ordinario
Bisogna essere un po’ folli.
Bisogna essere un po’ folli.
A nessuno piace essere profeta perché fa sempre una brutta fine. A nessuno piace essere martire perché muore.
Eppure, profezia e marturìa (martirio/testimonianza) sono parte essenziale della comunità dei discepoli del Signore anche perché chiamati a condividere la sua sorte.
Già Geremia ha sofferto il peso dell’essere profeta; la sua marturìa lo ha esposto al rischio della vita; ha cercato con tutte le forze di sottrarsi a questa “vocazione”, ma inutilmente.
E Gesù sollecita i suoi discepoli ad esporsi, a vivere la parresìa (il coraggio del libero parlare), ad annunziare la bella notizia del perdono e della pace per tutti, a fidarsi dell’amore di predilezione del Padre e gridare dai tetti quanto è stato sussurrato all’orecchio.
Questo stile di vita è a rischio costante perché dà fastidio, è senza accomodamenti, non viene vissuto nei salotti, al tavolo dei potenti, nei tortuosi corridoi delle diplomazie. È uno stile che ti butta sui marciapiedi del mondo a condividere la sorte del debole; che non ti permette di edulcorare la verità, che ti spinge a gridare, nonostante tu non voglia. È uno stile che smaschera la menzogna e che ricorda a colui che “succhia il sangue del povero” (cfr Lettera di s. Giacomo): non ti è lecito!
Si comprende perché Geremia ha tentato di fuggire e perché viviamo sempre la tentazione di dire: non ci voglio andare. Manda un altro.
20 giugno 2020
Il volto acquista luminosità
Il volto acquista luminosità,
gli occhi splendono di segreto,
il corpo lentamente si modella
e il cuore canta melodie senza parole.
Avverti subito
la donna che diventa madre
e vorresti penetrare il mistero.
E ti sembra di vedere nei suoi occhi
gli occhi di quel figlio che porta nel grembo
e di sentire le domande del cuore stupito:
che sarà di questo bambino,
quale gioia e quale angoscia
vivrò.
E la vedi
ai piedi di una croce
e lì, sconfitta e dolorante,
stare
donna d’amore e di dolore.
Le hanno strappato il frutto
ma il cuore, il suo cuore
è Madre.
Il suo corpo, ancora,
lentamente si modella
e diventa la terra pregna
della nuova umanità.
19 giugno 2020
Noi, oggi, essere nel mondo il cuore del mondo
Nel linguaggio biblico, il cuore è la sede dei sentimenti e delle decisioni ed è il centro d’amore dell’uomo.
Oggi contempliamo il Cuore del Cristo. Oggi siamo invitati, come Tommaso (il nostro Gemello), a stendere la nostra mano e penetrare nel Suo Costato, attraversare il Suo Corpo, entrare nella Sua Carne per vivere e sentire gli stessi sentimenti Suoi.
Noi, chiamati ad amare con il Suo amore. Noi, oggi, essere il Suo Cuore, vittima d’amore, per i nostri fratelli e sorelle che cercano amore. Noi, oggi, essere nel mondo il cuore del mondo e sostituirci a tutti i crocifissi della storia con il loro costato squarciato.
18 giugno 2020
“E non lasciarci nella prova”
Il grande insegnamento: Gesù ci dà il coraggio e la gioia di rivolgerci a Dio chiamandolo Padre.
Le due grandi novità cristiane:
- quel “nostro” che ritorna per ben quattro volte. Il cristiano non è un individuo isolato che può stabilire un suo rapporto egoistico ed “economico” con la divinità, ma è una persona cosciente di far parte di un corpo che la supera e, perciò, coinvolta in una dinamica di relazioni e di appartenenza. Il cristiano è una persona “condannata” alla condivisione e ogni suo gesto, positivo o negativo, ha sempre una ricaduta sull’intero corpo.
- Il per-dono. In Matteo sembra quasi che Gesù ci abbia insegnato a pregare per darci la forza di per-donare e che la “remissione del nostro debito” che chiediamo da Lui dipenda dalla “remissione che noi diamo ai nostri debitori”. La supplica: “e non lasciarci nella prova”. Gesù sa quanto è duro soffrire, piangere, gridare, essere in angoscia e non avere risposta (Getsemani). Egli sa che potremmo soccombere e perciò ci fa supplicare. Egli si è sostituito a noi (sostituzione vicaria), ha pagato al nostro posto e non vuole che noi possiamo trovarci in situazione di notte per sempre.
17 giugno 2020
Il pianto di Eliseo
E qui si canta la fine di Elia, rapito in cielo su un carro di fuoco e il pianto di Eliseo che si sente orfano, deprivato della sicurezza di un padre e che grida: “padre mio, padre mio, cocchio d’Israele e suo cocchiere” (sicurezza e guida del popolo).
Ma la forza di Elia, il suo fuoco interiore, non sparisce: passa in Eliseo che mette alla prova Dio dicendo:” dov’è il Signore, il Dio di Elia?”.
Nel popolo di Dio, nella chiesa, non può e non deve mai venir meno la presenza del profeta; di colui che, a rischio della vita, grida la verità e ricorda al popolo l’accanita fedeltà di Dio e l’urgenza di ritornare a Lui per avere la vita.
15 – 16 giugno 2020
La vigna di Nabot
Ci viene presentata, in due giorni, la vicenda del re Acab e sua moglie Gezabele.
Acab, re, ricco e potente, ha adocchiato una vigna vicino al suo palazzo e la vuole possedere, ma il legittimo proprietario, Nabot, non vuole venderla.
Vediamo l’ingordo re piangere e soffrire. Interviene sua moglie che, subdolamente e con testimoni falsi, fa condannare e uccidere Nabot! Così il re può impossessarsi della vigna.
Che squallore! Il potere iniquo è insaziabile e quanto più ha, più vuole avere e, pur di avere, uccide.
Sembrano racconti del passato e sono così attuali: pur di acquistare e conservare il potere, vediamo persone disposte a tutto, dire menzogne come verità, annientare i poveri per i propri interessi.
Ma…vi è sempre un Elia. Un profeta che smaschera il violento e arrogante potente di turno e gli predice la fine ignobile che farà: i cani leccheranno il suo sangue e quello di sua moglie.
La motivazione è chiara: “perché tu mia hai irritato e hai fatto peccare Israele”; l’assassinio è un attentato allo stesso Dio e ricade, come peccato, su tutto il popolo. Il peccato del singolo, soprattutto di chi dovrebbe esercitare il servizio dell’autorità, coinvolge e contamina sempre tutto il popolo.
Domenica 14 giugno 2020 – Solennità Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
E tutto questo “per me”!
Oggi celebriamo la pienezza dell’umanità. Cantiamo la bellezza del Suo corpo e la Sua passione per noi.
Lo contempliamo prendere forma e sangue nel grembo della Madre, bambino bisognoso di cura, giovane lavoratore, annunciatore itinerante, maestro, malfattore crocifisso.
E tutto questo “per me”!
E non basta. Il suo corpo, trasfigurato, assume dimensioni universali: Egli rimane Capo di un nuovo corpo le cui membra siamo noi; noi, corpo del Cristo.
E tutto questo “per me”!
E non basta. Perché questo corpo sia vivo, agile, attraversato dall’amore, si fa mio alimento, mio nutrimento: il Suo corpo e il Suo sangue penetrano profondamente nelle mie fibre più nascoste e immettono la linfa vitale. Lui ed io, un’unica realtà umana e divina.
E tutto questo “per me”.
E il banchetto diventa nuziale. E la danza fonde i corpi.
Aiutare l’umanità a comprendere che siamo un’unica realtà e che davvero non esistono più differenze di razza, cultura, religione, sesso.
E che tutti, insieme con l’universo intero, siamo lanciati verso il punto Omega: Cristo tutto in tutti.
13 giugno 2020 – Sant’Antonio di Padova
Cessino le parole
Sì,sì; no,no.
E Antonio da Padova dirà: “cessino le parole e parli il comportamento”.
Oggi, invasi da parole bugiarde, da pronunciamenti che mutano ogni giorno, da professioni di fede e di amore fatte con sorrisi farisaici, da menzogne fatte passare per verità, da vergognosi e viscerali attacchi fatti attraverso web; oggi abbiamo paura di guardarci negli occhi e di gustare il silenzio.
Il tuo parlare sia secco e asciutto; non può esservi commistione tra il sì e il no; la diplomazia non paga; il “coraggio del libero parlare” non può andare a braccetto con il “politicamente corretto”.
Il di più viene dal maligno: ogni volta che taccio o edulcoro la verità o, peggio, mentisco per non espormi, inevitabilmente faccio il gioco del “divisore”, di colui che si intromette per distruggere e dividere e creare lacerazioni.
E quando mi viene chiesto di giurare, devo fare memoria della parola del Maestro: non giurate mai né per il cielo, né per la terra e neppure per la tua testa.
8 giugno 2020
Questo discorso non è per tutti
Questo discorso non è per tutti. Prima di iniziare a farlo, guarda ad uno ad uno i suoi discepoli e dice loro: Beati…
Se riflettiamo bene, queste parole vanno contro ogni logica umana e affermano felice-gioioso, il fallito, colui che si espone, colui che lotta non per sé ma per la giustizia, colui che, nonostante tutto, fa la pace, colui che è perseguitato e addirittura messo a morte.
È la sorte del discepolo, di chi ha scoperto il tesoro e, per esso, è disposto a perdere tutto; di chi accetta di avere il cuore indiviso anche se sanguina e piange.
È la sorte del profeta, accanito “uomo della convinzione”, “unico rimasto a credere in Dio”; egli, a tutti i costi, accettando di dipendere unicamente da Dio, per difenderLo , espone la propria vita e, con la propria vita, diventa denuncia dell’istituzione corrotta.
Non venga mai a mancare la profezia nella chiesa e nel mondo.
Non venga mai a mancare chi ha il coraggio di piangere le lacrime dei poveri.
Non venga mai a mancare che, follemente, ricerca e fa la pace.
Non venga mai a mancare il contemplativo-vergine-profeta.
7 giugno 2020 – Domenica della Santissima Trinità
Trinità / Relazione d’amore.
Ripiegato su me stesso
infelicemente sterile
condannato al vuoto.
Alzo gli occhi che cercano
ed incontrano
un Tu
ed è gioia d’amore.
Un dio ripiegato su di sé
solo ed immobile,
che non piange e non ride,
come potrebbe commuoversi
per la mia fragilità?
“Misericordioso e pietoso
lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà”:
Il Dio che amo
è relazione d’amore.
Il Dio le cui visceri si commuovono,
che si adira perché fedele e geloso,
che, muto, piange
dinanzi alla morte del figlio,
che dà a me il suo Seme
e mi feconda d’amore.
6 giugno 2020
L’affamato e il sazio
Oggi, un fortissimo contrasto:
da una parte, i comandi che Paolo dà a Timoteo (è un “vescovo-presbitero”) che non deve avere rispetto umano, deve esporsi per compiere l’opera di annunziatore della Bella Notizia, intervenendo a tempo opportuno e non opportuno, pagando di persona, facendosi servo;
dall’altra, la raccomandazione di Gesù ai suoi, di guardarsi dagli scribi (i dottori della legge, quelli che “presumono di sapere” e si fanno chiamare maestri). Lo scriba è l’esatto contrario del servo: si ammanta di lunghe vesti, ama essere riconosciuto, stare sempre ai primi posti (quelli riservati…) e intanto, “divora il pane delle vedove” e ostenta preghiere. Va in giro e con il suo atteggiamento dice “guardatemi”.
Timoteo deve dare la vita per la Bella Notizia e per la liberazione dell’uomo.
Lo scriba sfrutta le cose sacre per il proprio tornaconto e utilizza il suo sapere per tenere sottomessi gli altri.
Timoteo è un “affamato”
Lo scriba è un “sazio”.
5 giugno 2020
Tu sei venuto dietro a me
Paolo ha il coraggio di dire a Timoteo: tu sei venuto dietro a me. Usa un verbo tipico della “sequela” di Cristo!
E aggiunge: nell’insegnamento, nel comportamento, nella volontà ferma, nella fede, nella grandezza d’animo, nell’amore, nella pazienza attiva, nelle persecuzioni, nelle sofferenze…
È il programma di vita di chi sa di non avere nulla di suo da portare o annunziare e si fa discepolo della Parola che accoglie nel suo cuore e comunica con tutta la forza, andando incontro a incomprensioni e fallimenti. Ma senza cedere e avendo il coraggio di proclamare che Gesù è il Signore (titolo che il pio ebreo riconosce solo a Dio).
Può diventare il programma di vita del presbitero nella Chiesa e della Chiesa nel mondo.
4 giugno 2020
Tenteranno di mettervi a tacere
La parola di Dio non è in catene.
Tenteranno di mettervi a tacere, useranno tutti i mezzi per soffocarvi, useranno la stessa parola per i loro scopi iniqui, proveranno ad umiliare e a schiacciare il povero e il diverso sbandierando bibbia e oggetti sacri.
Non riusciranno.
La Parola passa anche attraverso sbarre di ogni tipo, persino attraverso il peccato e fa la verità e giudica come una spada a doppio taglio.
Gesù dirà, a chi tenta di far tacere i suoi discepoli: “se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc 19, 39 – 40).
Se obbedisci al comandamento unico: “Ascolta Israele”, non potrai più tacere perché un fuoco dentro ti spingerà a gridare giustizia e pace; perché il tuo amore senza interessi per il tuo prossimo griderà e testimonierà l’amore folle di Dio per te che ti è entrato nelle fibre più profonde del tuo essere.
È questo il tempo in cui non possiamo usare nessuna diplomazia, non possiamo e non dobbiamo ricercare nessun compromesso. È questo il tempo del fare, con la nostra vita, la verità.
3 giugno 2020
Ipocriti
Ipocriti che usano ciò in cui non credono solo per i propri scopi e per incastrare: i buoni conservatori reazionari, detti Sadducei, non credono alla resurrezione eppure la utilizzano nella speranza di far uscire allo scoperto il Maestro (ancora oggi, vengono sventolati vangeli e bibbie, strumentalizzando la religione, per i propri scopi spesso iniqui…).
La loro provocazione subdola dà al Maestro la possibilità di un grande insegnamento su matrimonio e resurrezione, portandoli su un altro piano che non è quello della legge ma della fede: nell’economia della storia, il matrimonio dovrebbe essere il segno visibile dell’amore appassionato e totalizzante di Dio per l’umanità, ma nella realizzazione della promessa che si compie proprio con la resurrezione, non ci sarà più bisogno di questo segno perché Dio sarà visibile, tutto in tutti, e il suo amore attraverserà tutta la nostra persona e… ci sazierà. Non avremo più bisogno di mediazioni e la nostra festa sarà senza fine.
Ma questo discorso è duro e chi può intenderlo? Allora, meglio rifugiarci nel sacro e nel rito; nel “si è fatto sempre così”; nella sicurezza appagante dei nostri egoismi, anche religiosi.
2 giugno 2020
Il sogno di sempre
“Secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova nei quali la giustizia starà a casa sua”.
Il sogno di sempre: vivere una terra giusta non più separata dai cieli. Vivere lo shalòm non come momento fugace ma come condizione stabile: la pace con noi stessi, con gli altri, con la natura e con Dio.
Senza questo sogno non è possibile vivere; senza il desiderio di una libertà e di una dignità, saremmo poveri esistenti disperati avendo, come unico fine, il nulla della morte. Tutta la nostra vita è un’attesa “ansiosa”, attiva, che grida la bellezza.
Ci hanno detto che è una illusione e che si realizzerà solo in un al di là imprecisato. E così abbiamo vissuto l’alienazione e, a volte, la fuga dall’impegno e dalla lotta e abbiamo dimenticato la promessa del centuplo già qui insieme con persecuzioni.
I cieli rimangono cieli e la terra rimane terra, ma…cristificati: l’umanità insieme con l’universo intero tesa alla pienezza: in Cristo, Dio-universo-umanità un unico corpo d’amore.
Come sarebbe bello se questo periodo di sconvolgimento e di morte si aprisse alla speranza nuova: qui ora l’inizio del giorno senza fine.
1 giugno 2020
Sei la donna col capo velato
Per me, Tu non sei la fanciulla
che, superando il dubbio e il timore,
ha detto il suo inneni / eccomi.
Sei la donna col capo velato
che ai piedi della croce
ha aiutato suo figlio a dire
tutto è compiuto.
Sei la donna che lì,
nel luogo di morte e di immondizia,
ha dato vita alla nuova umanità
nata da un costato squarciato
e da una spada che ha trafitto il cuore.
E il tuo grembo è ritornato fecondo e fertile.
E le mie braccia,
nelle quali sei stata consegnata,
stupite, ti avvolgono.
Ora il tuo sguardo è per me
e per me, non più donna
sei Madre.
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