Parrocchie: siano comunità di fedeli capaci di fare spazio agli altri e di camminare insieme XIII Domenica del Tempo Ordinario - Omelia di S.E. monsignor Francesco Oliva

XIII DOMENICA T.O.

28 giugno 2020

(Visita pastorale ad Ardore Sup. – San Nicola dei Canali – Bombile)

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E’ per me tanto significativo oggi concludere il mio pellegrinaggio tra voi, in questa chiesa dello Spirito Santo di Bombile, un luogo che conserva la memoria e la tradizione del santuario della Madonna della Grotta, che non c’è più. La grotta è crollata, ma Maria rimane con noi e tra noi. Questa bella statua di bianco di Carrara che viene attribuita ad un grande artista come il Gaggini, rimasta intatta sotto le macerie, è il segno più vero di Maria, la Madre che rimane sempre tra i suoi figli. Maria non ha più quella grotta come residenza, perché vuole risiedere nella nostre case. In tante vostre case l’ho vista presente. Questo territorio collinare di Ardore superiore, di S. Nicola dei canali e di Bombile, è benedetto da Maria. Non si tratta di un privilegio, ma di un segno luminoso che a tutti vuol dire: Maria è la madre tua, la madre della tua famiglia, vuole vivere con te ed essere tua amorevole madre. Ora che la grotta non c’è più, Maria è nelle vostre case. Abita le vostre famiglie. E’ più vicina ancora e vuole essere stabile dimora tra voi. Non dimenticatelo. Accogliamo Maria nella nostra famiglia, non come semplice ospite, ma come madre attenta, premurosa e accogliente.

Maria è madre delle Scritture, c‘insegna le Scritture. E’ la vera interprete della Parola di Dio. Guardando Lei comprendiamo il senso della Parola. Lei ne è l’interprete ed il modello. Lo è perché s’è lasciata totalmente prendere dallo Spirito Santo, è “piena di grazia”, tutta santa, immacolata. Il Signore ha preso possesso della sua vita, senza usarle violenza. Maria gli ha aperto il suo cuore: “Eccomi, sono tua”. S’è lasciata prendere da Lui. E Dio l’ha esaltata nella sua umiltà e l’ha resa madre del suo Figlio. Con quell’eccomi ha accolto la parola del Figlio: “Chi ama padre o madre più di me non è degno di me…”. Per Maria non c’è stato amore più grande di Dio. La volontà di Dio, anzitutto! Una volontà che determina la sua vita interamente e la rende vera discepola del Figlio, donna che nel profondo del suo dolore segue passo dopo passo il Figlio sulla croce: “Chi non prende la propria croce e non mi segue non è degno di me”. Maria seguendo il figlio sulla croce è degna di Lui, è vera madre. Non una donna che fugge di fronte alle esigenze della volontà del Padre né alla durezza della via crucis.  Maria è un vangelo vivente: porta dentro di sé il Figlio, lo genera perché diventi per noi “corpo e sangue”, pane di vita, luce e sostegno sul nostro cammino.

Oggi La liturgia ci porta a guardare Maria come donna accogliente. Accoglie anzitutto lo Spirito Santo ed accogliendo lo Spirito Santo accoglie Dio. Accogliendo Dio viene resa feconda, divenendo madre. A Maria chiediamo che ci dia non solo di comprendere la Parola di Dio ma di aiutarci a viverla nella nostra quotidianità.

Nella prospettiva di Maria possiamo vedere la donna Sunemita, che accoglie il profeta Eliseo. Questa donna è immagine di Maria, donna accogliente, ospitale. Ma c’è accoglienza ed accoglienza. C’è un’accoglienza occasionale, episodica, ma anche un’accoglienza che è stile di vita. Quella di Maria e della donna sunemita è uno stile di accoglienza. Non è un’accoglienza di passaggio, occasionale, ma ha carattere di stabilità: “Facciamo una piccola stanza superiore in muratura”, debitamente arredata, perché il profeta possa trovarvi degna accoglienza. Non è un’accoglienza forzata, indotta da interessi umani. E’ accoglienza di un forestiero, di un uomo di passaggio. L’uomo di passaggio può essere un migrante, un povero questuante, un bisognoso, un malcapitato. Ma per la donna non è nulla di tutto questo. Per lei accogliere Eliseo è accogliere un profeta, è accogliere Dio: “So che è uomo di Dio, un santo colui che passa sempre da noi” (1Re 4,8-11).

Mi piace pensare a Gesù che accoglie la testimonianza della donna, quando c’invita ad accogliere Lui ed i suoi discepoli: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt 10, 37-42). E’ un’esperienza che richiama al valore dell’ospitalità in nome di Dio, un’ospitalità che come tutto ciò che è dono gratuito possiede in sé una particolare fecondità. La donna di Sunem, per la sua accoglienza dell’uomo di Dio, ottiene una ricompensa meravigliosa, ciò che non avrebbe mai potuto immaginare: il dono di un figlio.

L’accoglienza vera ci porta a guardare oltre le sembianze esterne di chi chiede ospitalità, ad accogliere una persona che porta dentro di sé una dignità, quella di essere figlio di Dio, appartenente cioè alla famiglia umana. Oggi purtroppo si sta perdendo questo senso di appartenenza. Lo straniero, il migrante è spesso guardato con sospetto,  considerato un terrorista, uno che vuole sottrarre il nostro pane ed il nostro lavoro e benessere. Questa lettura del fenomeno ci allontana da Dio, è segno della perdita della consapevolezza che tutti siamo mendicanti di pane e di amore, tutti siamo possibili migranti, tutti siamo membri dell’unica famiglia dei figli di Dio.

Maria come madre di famiglia indica ai figli l’accoglienza come stile di vita. Il cristiano devoto di Maria è qualcosa di più di un semplice devoto: porta dentro di sé lo stile della madre, che è stile di accoglienza.

La sua famiglia è famiglia accogliente, è chiesa che accoglie. Non c’è chiesa se non c’è accoglienza. Ci chiediamo: siamo comunità accogliente? Siamo una comunità inclusiva o esclusiva? La chiesa è una comunità inclusiva. E’ questa l’immagine di chiesa che siamo chiamati a realizzare nelle piccole comunità parrocchiali. Non creiamo muri o steccati tra noi. Cresciamo sempre nel dialogo e nella collaborazione come viene richiesto da chi è preposto a vostra guida. Tutte i nostri edifici di culto, le nostre chiese hanno un campanile con delle campane. Non c’è campanile senza campane. Ma le campane suonano a festa, per invitare tutti a partecipare al banchetto eucaristico. Invitano tutti, senza discriminazioni.

Rendiamo le nostre chiese spazi di accoglienza, case che accolgono, che dialogano, comunità che camminano insieme, non roccaforti ove c’è poco spazio per quanti non appartengono ai ‘nostri’. Fate della vostra parrocchia una comunità di piccole comunità all’interno dell’unica chiesa diocesana. Mettetevi in rete fra voi, divenendo testimonianze concrete di fedeli capaci di fare spazio agli altri e di camminare insieme. E’ questa la vera comunità di Gesù. In essa l’amore unisce non divide!

✠ Francesco Oliva

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