di don Fabrizio Cotardo
21.02.2019
Il mattino si è aperto con la visita alla grotta dei pastori. La tradizione ci racconta che questo è il luogo in cui gli angeli hanno annunciato, ai pastori, la nascita di Gesù.
Questo è il luogo in cui gli Angeli hanno raggiunto la terra.
Questo è il luogo in cui per la prima volta gli angeli hanno cantato: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”.
E qui lo abbiamo cantato anche noi con una preghiera che si fa certezza: chiesa celeste (Angeli) e chiesa peregrinante (uomini), in questo stesso luogo, cantano la gloria di Dio, parlano lo stesso linguaggio, si scoprono amanti e amati da Dio.
Siamo entrati nella grotta della natività passando per la “piccolissima porta dell’umiltà” dove occorre inchinarsi per entrare in Basilica.
Ma non basta inchinarsi.
In questo luogo è giusto prostrarsi e noi ci siamo prostrati, con la faccia a terra, per baciare e venerare il luogo esatto in cui l’Emmanuele “si è prostrato assumendo la condizione di servo”.
Qui abbiamo celebrato e l’emozione è divenuta davvero forte.
Abbiamo celebrato con la messa di Natale perché qui è sempre Natale.
Nella nostra vita dovrebbe essere sempre Natale per ricordarci l’ammirabile scambio: “Dio si fa uomo perché l’uomo si faccia Dio”.
Ho faticato a trattenere le lacrime nel momento in cui leggendo il Vangelo di Luca un font diverso di scrittura, evidenziava che QUI, in questo luogo il “bambino è stato posto nella mangiatoia”.
Ho avuto il cuore in gola mentre celebravo l’Eucaristia, mentre consacravo il pane e il vino e mi rendevo conto che nella stanza affianco, la Vergine Madre aveva avvolto in fasce il piccolo Gesù Bambino. Emozione indescrivibile.
Io consacravo il “Pane di vita” e nello stesso luogo Maria aveva dato la vita al “Pane vivo disceso dal cielo”.
Nel pomeriggio, al Getsemani, tra gli ulivi secolari, abbiamo “meditato” la sofferenza del Cristo condannato, arrestato e crocefisso visitando i luoghi della “notte iniquitatis”.
Qui si è conclusa una giornata densa di preghiera, di emozioni.
In questi luoghi ho cercato Dio.
E l’ho trovato.
Perché in questi luoghi, da sempre, Dio ha pensato a me.
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