L’ostensorio della Cattedrale di Gerace
È del serrese Domenico Barillaro
Enzo D’Agostino
Giuseppe Maria Pellicano fu vescovo della nostra diocesi dal 1818 al 1833, ultimo “indigeno” a tenerne la cattedra. Era, infatti, originario di Gioiosa Jonica, nato (1864) in una delle famiglie patrizie più cospicue di quella città, ed ivi aveva svolto il ministero sacerdotale come parroco di Santa Caterina, poi come arciprete della Matrice. Molto considerato dal vescovo Vincenzo Barisani (1798-1806), era stato gratificato del titolo di arcidiacono onorario e dallo stesso era stato anche delegato a compiere alcune visite pastorali. Un chierico illustre, insomma.
Con la nomina a vescovo (“presentato” dal re di Napoli Ferdinando I), ricevette l’impegno a riparare la cattedrale, che, gravemente danneggiata dal terremoto del 1783, era rimasta allo stato di rudere a causa delle vicende cui era andata soggetta la diocesi negli anni 1783-1818. E la riparazione della cattedrale fu indiscutibilmente l’obiettivo principale del suo episcopato, che, come ricorda la seguente epigrafe:
D . O . M .
HOC . CATHEDRALE . TEMPLVM
A . R . S . MXLV . CONSECRATVM
VI . TERREMOTVS . AN . MDCCLXXXIII
E . FVNDAMENTIS . PENE CONLAPSVM
TEMPORVM . INDE . VASTATIONE . DEPERDITVM
IOSEPH . MARIA . PELLICANO . EPISCOPVS
PLENISSIMO . STVDIO . PIETATIS . CVRARVM . QVE . SVARVM
AB . EXTREMO . VINDICAVIT . OCCASV . ET . IN . MELIOREM
FACIEM . OPERE . CVLTV . QVE . RESTITVIT
VOTI . DENIQVE . COMPOS . PERPETVITATIS . MVNERE . IMPLORATO
ID . SEXT .A . MDCCCXXIX . AD . SACRA . REVOCAVIT
gli costò dieci anni di fatiche e la spesa di circa 24mila ducati, attinti in gran parte dal patrimonio personale.
Insieme con la riparazione delle strutture murarie, mons. Pellicano ebbe a cuore anche l’arricchimento della suppellettile liturgica del maestoso tempio, che, infatti, fu impreziosita, tra l’altro, con il pregevole ostensorio – «per ricchezza, grandezza e lavoro artistico uno dei più belli della Calabria» (A. Oppedisano) – che oggi, a lui intestato, costituisce uno dei “pezzi” pregiati del Museo Diocesano.
Si tratta di un oggetto davvero notevole: pesa circa dieci chilogrammi, è fatto di argento e d’oro, è costato per alcuni 1.200, per altri 2.000 ducati; nelle schede che lo descrivono è detto realizzato in una ancora non identificata bottega orafa napoletana nella prima metà del XIX secolo, tra gli anni 1824 e 1832, su progetto e direzione di un maestro neppure esso identificato.
Ebbene, un Cenno biografico di Giuseppe Maria Pellicano Vescovo di Gerace (scritto nel 1875 da Giuseppe Pellicano Spina, pronipote del presule) affiorato casualmente dalle mie tante carte (dove l’avevo riposto e dimenticato, donatomi in fotocopia non so da chi, ma credo dall’indimenticabile mons. Vincenzo Nadile) consente di conoscere finalmente l’artista autore dell’opera e di restringere di qualche anno l’arco temporale della realizzazione.
Si legge, infatti, in tale Cenno: «Nè quì tacer devesi un’opera assai distinta e singolare, di cui in sulle prime [mons. Pellicano] volle adornare la novella Chiesa Cattedrale, che si è appunto una grandiosa e preziosissima Sfera, che per solo stupendo disegno ideato dal rinomatissimo Architetto di Serra Domenico Barillaro troppo noto nelle Calabrie per suo straordinario ingenio n’erogò ducati cento venti, e che poi nell’eseguirsi in Napoli da valente Orefice Giojielliere si rinvennero delle difficoltà in materia di arte, in guisa che il Barillaro a bella posta si dové in Napoli conferire, ed ove trattenne sino a che tanto esimio lavoro non venne a compimento, e tutto a spese di Monsignor Pellicano. Singolare sacro monumento si è questo, che tutto giorno si rende ostensivo ad ogni straniero che si fa a visitare il Duomo in Gerace. Onde a giusto titolo in Diocesi di Gerace la fama di Monsignor Giuseppe Maria Pellicano sarà eterna e duratura».
L’artista ha dunque un nome e cognome ben precisi: Domenico Barillaro, che era di Serra San Bruno (ivi nato nel 1788), qualificato “architetto” nel Cenno, altrove semplicemente “mastro” [cioè, “maestro”] e che, tra le altre sue realizzazioni, nel 1820 disegnò un altrettanto pregevole ostensorio per la chiesa matrice della sua città (verosimilmente visto da mons. Pellicano durante una visita pastorale a Serra – che allora apparteneva alla nostra diocesi – e immediatamente desiderato più bello anche per la cattedrale di Gerace), purtroppo trafugato nel 1982 e mai più ritrovato.
Domenico Barillaro è ben noto agli storici d’arte, i quali, tra le sue opere, potranno ora annoverare anche l’ostensorio di Gerace.
E poiché Domenico Barillaro morì nel 1829, è evidente che il suo capolavoro geracese deve essere stato realizzato a Napoli entro tale data, cioè non tra 1824 e 1832, ma tra 1824 e 1829. Il Cenno, purtroppo, non ci rivela il nome dell’argentiere realizzatore, ma non sempre è possibile avere tutto ciò che vorremmo avere.
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