Lettera aperta alla Chiesa di Calabria
“Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Apocalisse 3,20)
Proprio in questo tempo, dove l’attenzione di tutti è giustamente concentrata su quello che accade, il rischio di non aprire la porta è sempre crescente. È necessario prestare attenzione ai contagi, alle morti, agli ospedali saturi, e a quelli che sono rimasti come fantasmi nelle promesse pubbliche… ma sono proprio questi fatti a richiamare la nostra attenzione verso Colui che bussa alla porta della nostra Chiesa di Calabria – che siamo noi.
Sono i fatti che ci rimandano alla nostra responsabilità come chiesa, proprio là dove non abbiamo risposte concrete da dare: non possiamo curare, né aumentare i posti letto nelle terapie intensive, né far sorgere nuovi ospedali, ma possiamo e dobbiamo fare ed essere, come Chiesa, molto altro… Ed è di questo ‘altro’ che si sente la mancanza!
La nostra gente non chiede neanche più di essere ascoltata, ne ha perso l’abitudine ormai – ma questo non basta a cancellare e tantomeno a soddisfare il grande bisogno di essere accolta, di vedere che c’è il tempo – e se non c’è bisogna trovarlo! – di dare alle persone la possibilità di dire la confusione, la paura, l’angoscia… La distanza, che già prima era notevole, fra chiesa ‘ministeriale’, a cui appartengono anche gli istituti religiosi, e ‘popolo di Dio’, ecco che è diventata quasi irrecuperabile.
Quando ci sveglieremo?

volesse dirci proprio questo: non pensiate che l’apertura della porta sia solo nelle cose che già fatte, nelle celebrazioni, nei discorsi, nei buoni progetti pastorali! Perché se la vita delle persone resta fuori dalla porta, se non c’è disponibilità ad ascoltare, perché siamo tutti così indaffarati, se non c’è tempo per condividere, per fare finalmente spazio alle confessioni sacramentali – ovviamente, con mascherina! -, per dare prove concrete di non essere parte di una ‘casta’, ma di ‘esserci’ con le persone, e non come funzionari di un ufficio qualsiasi… se non accade questo, quella porta resta chiusa!
E se non entra chi chiede di essere ascoltato, non entra neanche Colui che bussa per cenare con noi alla stessa mensa!
Perché uno è il tempio e uno è il corpo, ma se per noi conta solo una parte, non è più quel tempio, e non è più quel corpo!
9 novembre, Dedicazione della Basilica Lateranense
madre Mirella Muià
Eremo dell’Unità, Gerace
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