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Tragedia senza risposta, ma la speranza non può venire meno Funerale dei 4 giovani di San Luca morti in un tragico incidente stradale. L'Omelia di S.E. monsignor Francesco Oliva

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Funerale di 4 giovani morti in un tragico incidente stradale

(San Luca 12 gennaio 2024)

 

Questa celebrazione ci unisce tutti nella condivisione della sofferenza di un’intera comunità, la comunità di San Luca. San Luca è una comunità che ha un cuore grande che batte forte di fronte al dolore che colpisce i suoi figli e non smette di amare di fronte alla sofferenza, ritrovando il coraggio di essere unita nella prova e nel dolore. Lo ha sempre dimostrato in tanti momenti della sua storia. In questa triste ora si sente gravemente impoverita. Sono troppi i giovani che vengono meno per incidenti stradali! Sono troppi i giovani costretti a lasciare la propria terra in cerca di lavoro!

Preghiamo e affidiamo alla misericordia del Padre celeste TERESA GIORGI, mamma di due bambini, ELISA PELLE, mamma di una bambina di 7 mesi, ANTONELLA ROMEO e DOMENICO ROMEO, tutti giovanissimi e parenti fra loro. Sono le ultime vittime della SS 106, che hanno perso la vita tragicamente proprio nel giorno dell’Epifania. Erano su strada dopo aver compiuto un bel gesto di misericordia, essendo andati a far visita a loro parenti in carcere. Tra le opere di misericordia corporale vi sono: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i forestieri, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti. Sono gesti di così grande valore, che su di essi saremo giudicati. Lo afferma Gesù, quando dice che ogni volta che diamo da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete, che vestiamo una persona nuda e accogliamo un forestiero, che visitiamo un ammalato o un carcerato, lo facciamo a Lui (cfr Mt 25,31-46). Sono gesti che fanno parte della nostra vita quotidiana, quella che viviamo in casa o lungo la strada. Molto tempo della nostra giornata trascorre su strada, per andare al lavoro, per motivi di svago o per visitare amici e parenti. Lungo la strada spesso viviamo anche l’esperienza del buon samaritano che soccorre chi ha bisogno. Lungo la strada portiamo i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni e spesso la strada diventa il luogo in cui s’infrangono sogni e speranze. È lungo la strada che si è consumata la vita di questi quattro giovani che erano in viaggio non per svago o divertimento, ma per aver scelto di far visita ai loro parenti lontani. Nel giorno dell’epifania del Signore, mentre nelle chiese si celebravano i re magi venuti ad adorare il Signore, sulla strada più nota e frequentata dalle nostre parti, la SS 106, si consumava questa tragedia. Le strade, dopo la casa, sono i luoghi dove si svolge gran parte del nostro tempo. Quando le strade non sono agevoli e sicure, viene meno anche la voglia di investire risorse nei territori, di crearvi lavoro e attività produttive. E le comunità s’impoveriscono sempre più. Le nostre autorità civili sanno quanto questa nostra comunità della Locride soffra questa situazione, che la fa essere una periferia, abitata da cittadini cui non sono riconosciuti gli stessi diritti di altre aree geografiche.

In questo momento di preghiera con fede ci rivolgiamo al Padre di ogni consolazione, per affidare a Lui questi suoi figli, strappati alla vita improvvisamente e prematuramente. Mettiamo nelle sue mani le loro famiglie, i piccoli rimasti senza mamma, i loro genitori e quanti si sentono trafiggere il cuore. Ci rivolgiamo al Signore e gli chiediamo il perché di questa tragedia. Un perché che purtroppo non trova risposta. Non ci resta che il silenzio e il bisogno di continuare a porci questa domanda, di continuare a camminare come i Magi che non si arrestano neppure quando la stella scompare. Siamo certi che prima o poi quella stella tornerà a brillare. È la speranza che non può venir meno. Siamo certi che il Padre che ci ha donato la vita e questa bella terra continua ad amarci e non ci abbandona. Il suo silenzio di fronte alle nostre domande è solo apparente. Dio c’invita ad ascoltare la sua voce, a non lasciarci travolgere dai nostri pensieri, a considerare la vita come un dono tanto prezioso, quanto fragile ed esposto in ogni momento al pericolo. Quando siamo in auto e incombono le distrazioni di vario genere e l’improvvido uso dei social o la stanchezza. La vita è dono, ma anche responsabilità. Non dimentichiamolo mai! Custodire la vita che ci è stata donata come anche quella altrui è un compito che Dio affida a ciascuno di noi.

Di fronte alla morte di TERESA, di ELISA, di ANTONELLA e di DOMENICO abbiamo bisogno di ritrovare speranza. Come dice il testo del Libro delle Lamentazioni, che abbiamo ascoltato: “Voglio riprendere speranza”. Lo stesso testo ce ne indica le ragioni: “Le misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la sua compassione; esse sono rinnovate ogni mattina, grande è la sua fedeltà. Mia parte è il Signore – io esclamo – per questo in lui voglio sperare… Buono è il Signore con chi spera in lui, con l’anima che lo cerca. È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore» (Lam 3, 21b-24.26).

Mentre diamo voce al dolore che sta dentro di noi, attendiamo che il Signore possa scrivere, nonostante tutto, un futuro per la nostra vita. Egli non manca di parlarci e di mostrarci attraverso gli eventi quotidiani le ragioni della speranza. Una speranza vera verso un orizzonte di vita piena, che sta oltre le fatiche di questo tempo che inesorabilmente passa. Siamo nella notte mentre si intravede l’aurora. Preghiamo con le parole del Salmo responsoriale (Sal 129): “In te spero, Signore: ti attendo come l’aurora”. È una speranza che non viene meno anche quando emergono le nostre povertà, i nostri errori e fallimenti, i nostri peccati. È allora che chiediamo al Signore: “Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere?”. Senza dimenticare che presso di Lui è il perdono. Ripetiamo spesso: “Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere?”. Tutti abbiamo bisogno del suo perdono, di sentirci dire come al paralitico del Vangelo: “Figlio, ti sono perdonati i peccati”.  “Alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua“. Come dire: alzati, prendi la tua vita com’essa è, bella o brutta che sia, prendila e vai avanti. Non avere paura, alzati e cammina. E’ la speranza che viene dal perdono del Signore, che ti dice: ti sono rimessi i peccati, va e non farli mai più! Col perdono rinasce la speranza e la pace! Non abbiamo pace, se non sappiamo perdonare e chiedere perdono.

Un’ultima parola vorrei dire a voi familiari e amici di TERESA, ELISA, ANTONELLA e DOMENICO. Vi siamo vicini con la preghiera. Non c’è altro modo per alleviare la vostra sofferenza. Ma non chiudetevi nel vostro dolore. Sappiamo quanto la vita vi ha percosso, ma non smettete di sperare. I vostri cari defunti vi chiedono che il peso della loro morte non tolga in voi la speranza e non faccia morire anche voi anzitempo. Al contrario il loro ricordo deve spingervi ad amare ancora di più, a comprendere le sofferenze e le angosce degli altri e a portarle con loro, a rinnovare la fede in Dio e la speranza nella vita. L’amore vince tutte le separazioni causate dalla morte: la vittoria non è evitare le sofferenze, ma trasformarle in una conoscenza più profonda dell’amore di Dio per noi.

Consola, o Padre, questi nostri fratelli e sorelle, familiari di queste giovani vittime, fa sentire loro la tua carezza. Ripeti loro le parole che un giorno Gesù disse pensando a tutti i sofferenti della storia: “Venite a me, voi tutti che siete afflitti e stanchi, ed io vi ristorerò“!  Ascolta, o Padre, la nostra voce ed asciuga le lacrime di quanti sono nella tristezza! Amen!

 

✠ Francesco Oliva

Vescovo di Locri-Gerace

 

©2023 Pandocheion – Casa che accoglie. Diocesi di Locri-Gerace. Tutti i diritti sono riservati.

Il 2024, un anno di pace per tutti! Messaggio di auguri per il nuovo anno di S.E. monsignor Francesco Oliva

Il 2024, un anno di pace per tutti!


ph. Archinà

Mentre il 2023 se ne va, lasciando dietro di sé tante paure e gli orrori di guerre inutili ed insensate, sento dover esprimere gratitudine al Signore per l’abbondanza dei doni ricevuti, per gli incontri vissuti, per la condivisione di momenti difficili, ma anche tanto arricchenti. Un anno di grazia, nonostante le sue ombre. Il nostro tempo sembra essere caratterizzato dalla scelta disperata della guerra invece che dalla via del dialogo e della pace. Sembra che l’arroganza, la violenza e la prepotenza abbiano spento il sogno di una pace, fondata sulla giustizia e lo sviluppo dei popoli. Sembra lontano il messaggio di quel “bimbo che è nato per noi”, che si è fatto piccolo e solidale per esaltare la bellezza di un’umanità che solo attraverso l’umiltà, il rispetto e la solidarietà può sperare in un mondo nuovo.

L’augurio è che ogni uomo e ogni donna, ognuno di noi, sappia apprezzare il valore dell’umano che il Natale del Signore esalta in tutta la sua bellezza.

Gloria a Dio e pace in terra agli uomini, che egli ama” (Lc 2,14) è un messaggio sempre attuale, che risuona come appello alla pace e al diritto di ogni uomo, popolo e nazione a vivere in pienezza la sua storia. La pace si costruisce insieme giorno dopo giorno, anche con la saggezza, l’intelligenza e la scienza che Dio ci ha donato. Col proprio lavoro e l’ingegno l’uomo e la donna contribuiscono a rendere la terra «una dimora degna di tutta la famiglia umana» (Gaudium et Spes, 57). Eppure nessuno può pensare che dipenda da lui solo. È insieme, ma senza mai prescindere dal Dio che ci ha chiamati alla vita e ci ha posti in questo meraviglioso giardino, che possiamo costruire un mondo nuovo.

In questo cammino intendiamo inserirci come comunità cristiana.

La scelta della sinodalità rimane l’orizzonte verso il quale la nostra Chiesa intende dirigere ogni sua azione: sinodalità nel riconoscere la dignità di cui ognuno è portatore, sinodalità nel camminare insieme mettendo da parte ogni forma di orgoglio ed arroganza, sinodalità nel costruire la casa comune, sinodalità nel vivere la dimensione religiosa nella comunità parrocchiale senza chiusure, sempre aperti alla collaborazione in vista del bene di tutti e di ciascuno.

In questa sinodalità trova nuova luce il nostro Progetto di comunità di parrocchie, che si prefigge di dare una rinnovata configurazione alle nostre parrocchie. Da tempo ripetiamo che l’attuale organizzazione parrocchiale, che vede spesso piccole e numerose parrocchie disseminate sul territorio, esige un profondo ripensamento e che è finito il tempo della parrocchia autosufficiente. La sfida vera è aprirsi alla creatività dello Spirito, per favorire lo sviluppo di un diverso modo di vivere la parrocchia, per servire meglio ogni uomo e il bene comune e maturare una sana inquietudine missionaria ed evangelizzatrice.

Auguro a tutti un anno di pace! Pace a chi soffre le difficoltà di una vita piena di acciacchi e fragilità! Pace alle famiglie in difficoltà! Pace a chi cerca casa e lavoro! Pace a chi viene da lontano in cerca di speranza e futuro! Pace ai giovani che sognano un mondo nuovo! Pace a chi ha perso la speranza dei “cieli nuovi e della terra nuova”!

✠  Francesco Oliva

©2023 Pandocheion – Casa che accoglie. Diocesi di Locri-Gerace. Tutti i diritti sono riservati.

Quella luce della Vita che attraversa le tenebre Riflessione di madre Mirella Muià per l'imminente Natale

In questi giorni è giunta a noi questa parola di morte:” Tutti mi odiano e anch’io odio tutti!”.
Inutile e ipocrita sarebbe scandalizzarsi, come se fosse un messaggio alieno. Non lo è, viene dal nostro mondo, è la sua terribile e nuda confessione – è la chiave di lettura di tanti avvenimenti, specie degli ultimi mesi – ma siamo certi che sia solo di questi…? No, non solo di questi…
È una parola di condanna a morte dell’anima, senza più respiro.
Ma non è forse, l’anima, il frutto di un alito di vita che non viene dalla terra di cui siamo fatti, non da questa ‘adamà’ che ci costituisce, ma da Altrove?
E come può venire dall’anima questa parola di morte?
Non siamo forse tutti protesi verso quella Vita che è venuta, viene sempre senza stancarsi, e che verrà?
Ci stiamo preparando, come ogni anno, a riconoscerla presente in una mangiatoia per animali – e che cos’è la nostra storia, se non una mangiatoia per animali?
Se almeno fossimo capaci di nutrire gli animali a cui poi togliamo la vita per alimentare la nostra…
Ma se non siamo neanche più capaci di nutrire gli affamati del mondo umano – e non solo di pane, ma di attenzione, di cura, di ascolto…!
Attendevo con desiderio, in questi giorni, di scrivere poesia : scintille di una speranza che consola e dà respiro…ma non è venuta, la poesia, è venuto un lamento : dov’è quel Bambino, che ne abbiamo fatto, che ne facciamo, che ne faremo?
Che ne sarà di noi?
Perché tutto dipende dall’essere quella mangiatoia: se non siamo più capaci di essere grembo, abbiamo almeno l’umiltà di essere mangiatoia…?
Quella parola di morte, ” Tutti mi odiano e anch’io odio tutti!”, è la parola della fine, che risuona intorno a noi senza riposo.
Da dove viene? Da quale abisso di solitudine? Se chi l’ha scritta ha emesso questa condanna di morte per sé e per gli altri – non illudiamoci: certo, era malato, certo, era squilibrato – ma non gettiamogli addosso le nostre paure di scoprire quanto è diffusa questa sua parola, quanto è presente proprio nelle paure di tanti di noi, che vedono nei vicini, dei nemici, e nei fratelli, degli ostacoli, e negli abitanti della stessa terra, degli usurpatori, e di chi si ribella alle ingiustizie subite, dei pericolosi criminali da eliminare…
È il grido di Caino, quella parola di morte – e Caino era un uomo come gli altri, e il suo grido percorre i tempi e gli spazi…
Pietà di Caino, e pietà di chi è abitato dalla paura di non essere amato, perché non sa amare…
È la preghiera di Abele: pietà di mio fratello Caino!
È il cuore di Abele, quella mangiatoia, del pastore, fratello dei pastori che vanno nella notte senza temere di incontrare il Messia atteso non in una reggia da cui comandare come un qualsiasi potente della terra, ma su quella paglia, come quella di cui si nutrono i loro greggi.
I pastori hanno creduto al messaggio angelico e si incamminano nell’oscurità della notte perché hanno visto quella notte illuminarsi da quella parola: Dio ama gli uomini tanto da dare di se stesso quella luce della Vita che attraversa le tenebre – anche quelle di ogni Caino, grazie alla preghiera di Abele…

Eremo dell’Unità
22 dicembre 2023

©2023 Pandocheion – Casa che accoglie. Diocesi di Locri-Gerace. Tutti i diritti sono riservati.