
Notte di Natale 2021
Omelia in cattedrale
«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,1-14).
Questo annuncio dell’angelo ai pastori ci dà gioia, ci spinge a superare le nostre paure. C’è un Dio, che ha scelto di essere con noi, laddove siamo, abitiamo, lavoriamo, fatichiamo, soffriamo. Un Dio che ci mostra la sua benevolenza: in Lui e per Lui siamo “fratelli tutti”. Quale realtà più bella di questa fraternità che ci unisce e fa di popoli diversi una famiglia, ove Dio è padre di tutti!
Ritorniamo in questa cattedrale, adeguatamente restaurata e recuperata nelle sue linee architettoniche. Considero questo evento un bel dono di Natale per me e per la nostra comunità diocesana. Un bel dono per questa comunità parrocchiale S. Maria del mastro che è orgogliosa di averla come propria sede. Era necessario questo intervento di restauro, di messa in sicurezza e di adeguamento liturgico essendo la chiesa madre della diocesi. Questa cattedrale richiama, nella sua semplicità e decoro, la grotta di Betlemme, il luogo della presenza del Dio che si è fatto piccolo e povero perché tutti, anche gli ultimi e i più poveri, potessero incontrarlo. Nessuna sontuosità, nessun eccesso decorativo. Essenziale, sobria, espressiva e solenne nelle sue line architettoniche. Una cattedrale che esalta la bellezza di una comunità che continua il suo cammino di fede, nonostante le ferite e le prove della sua storia passata. Una diocesi mariana, la nostra, fatta di pietre vive che hanno il loro fondamento in Cristo, pietra angolare. Siete voi, carissimi fratelli e sorelle, le pietre vive di questo edificio. La vostra vita deve restare saldamente ancorata a Cristo.
In questa chiesa, che ora ha recuperato la dignità, la bellezza e le sue vere forme in tutti gli elementi propri di una cattedrale, veneriamo la Vergine Maria come Santa Maria del Mastro o del Maestro, che d’ora in poi in questa bellissima icona realizzata dalle monache del Piccolo Eremo delle Querce di Crochi accogliamo come la Kyriotissa, cioè portatrice di Cristo, la theotokos, la nostra “basilissa” o regina. E’ immagine di noi cristiani come ci definisce Sant’Ignazio di Antiochia: “Siete tutti compagni di viaggio (synodoi), portatori di Dio, portatori del tempio, portatori di Cristo e dello Spirito” (Agli efesini, 9,2). Tali considero tutti Voi fedeli di questa parrocchia, che – come è stato affermato la sera della riapertura dalla vostra rappresentante – avete mostrato tanta generosità nel partecipare alle spese di restauro. Grazie di tutto questo e mi aspetto che possiate essere -secondo l’espressione del vescovo di Antiochia – compagni di viaggio (synodoi), portatori di Dio, portatori del tempio, portatori di Cristo e dello Spirito, formando una comunità modello, degna di questa cattedrale.
Ho presente in questo momento le tante comunità parrocchiali della diocesi, molte provate dalla sofferenza di questo momento di pandemia. Alcune più duramente di altre. In tutte vedo il desiderio di avere delle chiese belle architettonicamente, ed orgogliose dei propri tesori di arte e di storia. A tutti ricordo l’invito dell’angelo della natività: Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”. Quindi, non una gioia da godere individualisticamente ma da condividere con gli altri. Una gioia che ci fa gustare l’essere un popolo, il popolo di Dio, che appartiene a Lui, per il quale Egli ha fatto di tutto e di più. Egli non ci toglie la sofferenza, le malattie, la pandemia e la stessa morte, ma le fa sue e ci sta accanto condividendo tutta la nostra umanità. Non per niente ha assunto la nostra “carne”.
Viviamo allora nella gioia questo Natale. Nel suo vero orizzonte, il Natale si compie nella povertà ed essenzialità dei segni, che non si conciliano col consumismo e l’individualismo. Quel bimbo avvolto in fasce, che adoriamo come il Dio con noi scardina le nostre sicurezze, converte il nostro malessere quotidiano. Nulla e nessuna cosa ci può togliere la gioia di vivere, se – come avvenne duemila anni fa in quella notte santa – gli angeli continuano ad annunciare: Gloria a Dio e pace agli uomini che egli ama! Essere amati dal Signore. Cos’altro possiamo attenderci dalla vita? Tutte le cose terrene passano. Solo Dio e la sua Parola rimangono in eterno. Non siamo abbandonati a noi stessi! E’ questo il messaggio che risuona dalla grotta di Betlemme. Da quella grotta, rifugio di animali, sorge un orizzonte nuovo, una luce che illumina il cammino. Ma ad una condizione che quella luce non venga ripudiata, che quel bambino sia accolto. Rimane il mistero delle parole del vangelo di Luca: “Per loro non c’era posto nell’alloggio” e del prologo di Giovanni: “Venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto”. E’ il dramma del rifiuto di Dio, un rifiuto che ancora oggi si ripercuote nella vita nostra e nella società che pensa di festeggiare il natale senza alcun riferimento vero al Signore. Abbiamo presente che non c’è Natale senza Gesù, senza che Lui abiti la nostra vita, senza che Lui ci cambi dentro. Nulla può ridare senso e bellezza al Natale, se manca Lui, se ci sentiamo padroni assoluti della nostra vita e del mondo intero. La vera sfida è continuare a credere questo.
Il Natale è per noi uomini e donne di oggi! Non consideriamolo un fatto del passato. E’ un evento attuale, proprio perché storicamente accaduto. L’evangelista Luca ce ne offre le coordinate storiche: in seguito al censimento disposto, quando Quirinio era governatore della Siria, Giuseppe, dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme, per farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mi domando: Natale è ancora oggi una bella notizia per me, per te, per noi? Lo è veramente?
Lascio a ciascuno la risposta, da dare davanti al presepe allestito in chiesa o nelle nostre case.
La bella notizia del Natale è questa: il Signore è qui con noi, ora, venuto in povertà, deposto in una mangiatoia, fa sua la tua sofferenza, tutta la tua umanità, è accanto a te e ha fatto suoi i tuoi problemi. E’ Natale, perchè Dio ha assunto la tua, la nostra carne: si rivela nel volto di ogni uomo, cammina con noi, soffre accanto a noi, ci considera suoi figli nonostante tutto… nonostante le tue e nostre infedeltà, i nostri voltafaccia, i nostri compromessi.
Il Natale per questo è un evento bello. Lo è veramente se lo viviamo nel suo vero significato. Se accogliamo il Signore nella quotidianità, nella carne del sofferente e nel volto degli ultimi. Se il Natale ci porta a guardare verso l’Alto, a guardare verso l’Altro. L’Alto è il Dio altissimo che si fa vicinissimo, l’Altro è il prossimo diverso da noi che è vicinissimo e nostro simile che ci chiede di essere nostro prossimo. E’ natale allora se reagiamo di fronte alle tante ingiustizie della nostra società che allontanano gli uomini da Dio, che allontano gli uni dagli altri, che umiliano i piccoli e deboli. Ingiustizie anche tra noi in Calabria, se pensiamo, per dirne una, che – secondo recenti indagini statistiche – che nella nostra regione vi sono cento mila bambini in condizioni di povertà.
Ritorniamo perciò a vivere il Natale nella sua verità. Non bastano le luminarie che illuminano le nostre strade. Quelle sono un fatto commerciale, capaci di suscitare a livello emotivo il clima della festa. Né bastano gli acquisti e i regali: rischiamo di ridurre il natale a puro fatto consumistico. E’ Natale se veramente rimettiamo Gesù a fondamento della vita, se accogliamo la sua persona e il suo Vangelo, se è Lui a dare senso alle nostre scelte, se viviamo da veri figli di Dio e ci comportiamo da fratelli. Solo così il natale torna ad essere vero. Come afferma un mistico del XVII secolo, Angelo Silesio: «Nascesse mille volte Gesù a Betlemme, se non nasce in te, tutto è inutile». Viviamo il Natale, se riconosciamo che non siamo onnipotenti, che al di sopra c’è un Dio, un padre che ci vuole bene, che non ci strumentalizza né ci giudica, ma si prende cura di noi, ha misericordia, è accanto a noi pronto a soccorrerci e sostenerci.
Ritorniamo alla semplicità e all’umiltà del presepe, a quel Bimbo posto nella mangiatoia, che ci indica nella povertà, nella solidarietà e nell’umiltà ciò che più conta. E’ questo il Natale che salva. A tutti voi e alla comunità diocesana in tutte le sue componenti, fedeli laici, ministri sacri, religiosi e religiose, auguro un natale vero. Con la gioia e la pace nel cuore.
Il Signore illumini sempre i nostri passi. Amen!
✠ Francesco Oliva
Vescovo di Locri-Gerace
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