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La Quaresima non è un tempo vuoto da riempire, ma un cammino di speranza sulle orme del Cristo risorto Messaggio di S.E. Monsignor Francesco Oliva per la Quaresima 2021

Al Popolo di Dio, che è in Locri-Gerace!

Protèsi alla gioia pasquale sulle orme di Cristo Signore! Seguiamo l’austero cammino della santa Quaresima”.

Questo versetto dell’inno della liturgia delle ore del venerdì della I settimana di Quaresima traccia il cammino che saremo chiamati a fare in questo tempo forte dell’anno liturgico. Inizia in un clima di perdurante pandemia, che non sembra volerci liberare da questa pesante situazione di instabilità e fragilità. Viene come opportunità per andare incontro al Signore Risorto, passando attraverso la sua passione e morte.

Con Lui possiamo ritrovare fermenti di vita nuova, al di là di ogni emergenza sanitaria, sociale ed economica.

Con Lui possiamo condividere l’esperienza del deserto, vincere il male che aggredisce la nostra esistenza e partecipare alla luce sfolgorante della gloria pasquale. Ci guida la speranza che in questa drammatica situazione, possiamo ritrovare il senso della nostra vita ed il suo orizzonte ultimo.

Siamo esortati a vivere una vita nuova, sapendo che la Quaresima non è un tempo vuoto da riempire, ma un cammino di speranza sulle orme del Cristo risorto, che si rivela nella storia del chicco di grano, che “se caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24). Il richiamo non è alla morte, ma alla vita che rinasce. La gloria del Signore non è il morire, ma il portare molto frutto.

Tra le tante criticità di questo tempo, la vera sfida è condividere le fragilità di ogni uomo. Nessuno deve sentirsi solo di fronte al disagio psicologico, economico e spirituale che sta vivendo. I malati, i poveri, gli anziani, i disabili, le famiglie ridotte in povertà sono le categorie che più c’interpellano. Ma restiamo ancorati alla nostra fede, non lasciamoci prendere dall’ansia e dallo scoraggiamento. Come scriveva Madelaine Delbrêl: “Niente accade senza che Dio lo permetta e Dio niente permette che non possa tornare a sua gloria”.

La gloria del Signore, che si manifesta nella debolezza e nella fragilità, si rivela come “qualcosa di nuovo” all’orizzonte!

Finché riusciamo a intravedere qualcosa di nuovo oltre la prossima curva, nelle relazioni sentimentali come nella vita, possiamo dire di essere vivi anche in un tempo difficile come quello che stiamo attraversando”.

Lo afferma il cantautore Max Pezzali, che, nel suo album “Qualcosa di nuovo”, lancia un messaggio di speranza, invitando ad intravedere una luce nuova e a non lasciarsi sopraffare dagli eventi. Quando domina l’incertezza e la paura, ci sostiene la consapevolezza che la forza per superare le difficoltà può venire solo dalla speranza, che porta a guardare avanti con fiducia e coraggio. Senza arrendersi. Si aprono nuovi orizzonti di vita, che ci riscattano dalla paura che tutto possa procedere come sempre, senza possibilità di una svolta. E’ richiamo a “qualcosa di nuovo”, che può accadere, ad una novità che ci fa tornare a sperare, che ci riporta ad assaporare la bellezza dell’incontro con Dio. E ci fa sentire il richiamo di Dio: “Ritornate a me con tutto il cuore”(Gl 2, 12). Un appello ad una inversione di rotta, alla conversione del cuore, che ci consente di aprire gli occhi sulle tante emergenze del nostro territorio. E’ un “qualcosa di nuovo” che penetra in tutta la nostra vita, nelle sue relazioni fondamentali con Dio e con gli altri, ma anche con l’ambiente. “Un qualcosa di nuovo” che ci dona la speranza che anche il cuore più indurito possa rinnovarsi e cambiare, che c’è un antidoto a quel invisibile virus che spaventa. C’è un vaccino disponibile per tutti. Senza discriminazione alcuna, proprio perché viviamo ed esistiamo in un mondo in cui tutti siamo necessari, creati ed amati da Dio. Lo è il medico, l’infermiere, l’operatore sanitario, l’anziano, il prete, i religiosi e le religiose, le forze dell’ordine, come tutti coloro che con professionalità, senso di responsabilità e amore per il prossimo aiutano, curano e servono.

Ben venga ogni vaccino che immunizza e aiuta a vivere questa Quaresima come tempo di liberazione dal male che ci portiamo dentro. Dal male dell’indifferenza e della noncuranza, anzitutto:

Succede che, quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene… L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione anche per noi cristiani” (Messaggio di papa Francesco per la Quaresima 2021).

L’indifferenza è un grave virus, che, chiudendoci in noi stessi, non ci fa vedere chi ci sta accanto, ci fa dimenticare che siamo sulla stessa barca, “fratelli tutti”, che “nessuno si salva da solo e, se tu non ti avvicini per fare in  modo che tutti siano salvati, neppure tu ti salvi” (Papa Francesco).

Se vogliamo costruire una vera umanità non basta il vaccino o i vaccini che immunizzano dal covid-19. C’è bisogno di quell’umanità, che ravviva la convinzione che abitiamo un mondo senza frontiere, ove la fratellanza è esigenza ineludibile. Questo mondo, che è il nostro mondo, invoca un vaccino speciale, quello della carità, che viene da Dio, e ci stimola a prenderci cura gli uni degli altri, soprattutto di quanti la società considera come un peso.

Viviamo la Quaresima come riscatto da ogni forma d’indifferenza, come tempo di conversione dell’io al noi. E’ bello sentirci Chiesa, che insieme cerca le risposte alle domande sollevate da questo tempo di pandemia. Una Chiesa che si fa compagna di strada di coloro che incontra, di quanti s’interrogano sul senso della vita e della morte, che sente propri i problemi, le gioie e speranze dell’uomo di oggi. Facciamo nostra la vocazione dell’essere servi di questa umanità non a parole, ma nella concretezza della vita. Le nostre comunità siano accompagnate in umiltà con la testimonianza di un Vangelo vissuto a superare la tentazione del primeggiare e del contrapporsi, a condividere le belle iniziative di carità, che ci sono nelle nostre comunità. E sono tante. E’ bello comunicarci e scambiarci ogni “segno di speranza”, ogni “buona pratica”, fatta di solidarietà, di amicizia sociale, di vicinanza nei confronti degli anziani, dei malati o delle persone sole, delle famiglie in difficoltà. Scopriremo ‘frammenti di Vangelo’, che ci libereranno dal male oscuro dell’indifferenza e della noncuranza, che inquina le nostre relazioni con Dio, con il prossimo e col creato.

Sia la Quaresima una palestra che ci aiuti a superare l’indifferenza verso Dio, che rischia di essere estromesso dagli interessi della nostra società. Molta gente non cerca più il Signore. Sempre meno persone si dichiarano credenti e appartenenti alla Chiesa, la frequenza alla pratica religiosa si è ridotta. Le statistiche parlano con sempre maggiore insistenza dell’emergere delle prime generazioni senza Dio, di una società ove la fede è sempre meno rilevante nella vita della gente. Ecco allora l’urgenza di ridare più spazio a Dio, per riscoprirlo nella quotidianità della nostra casa, per superare il pregiudizio che l’esperienza di Dio si possa circoscrivere nel tempio o nel luogo sacro. Sarà tempo per gustare la bellezza della preghiera, non ridotta ad una semplice ripetizione mnemonica di sillabe o di riti e cerimonia senza cuore, anche quando sul piano formale c’è poco da osservare. L’iniziativa delle 24 ore per il Signore, che desidero sia celebrata in tutte le parrocchie nei giorni 13 e 14 marzo, sarà un momento di unità diocesana e di preghiera per i sacerdoti, particolarmente per quelli che sono in difficoltà, e per tutta la nostra chiesa. Con l’aggiunta di una speciale intenzione di preghiera per il nostro seminario e per le vocazioni sacerdotali e religiose.

            Tra gli impegni di vita spirituale diamo priorità al Sacramento della Penitenza, che in questo periodo di coronavirus è stato un po’ trascurato, forse anche per le difficoltà restrittive impartite. I sacerdoti saranno sempre a disposizione, promuovendo anche celebrazioni comunitarie in piccoli gruppi. La Via Crucis ci aiuterà a rivivere il mistero della croce di Cristo ed il cammino, che, attraverso la sofferenza, porta alla salvezza.

Tutto il cammino quaresimale sia vissuto con sentimenti di vicinanza e di solidarietà verso il prossimo, sapendo vincere ogni forma di autoreferenzialità e avendo rispetto verso quanto ci sta attorno, in modo da vincere l’indifferenza colpevole verso l’ambiente e la casa comune.

Più volte è stato detto e scritto che la Locride è una terra meravigliosa, un vero giardino. E lo è. Dio l’ha dotata di un bel mare, di un microclima straordinario, di colline ridenti e soleggiate, di piccoli caratteristici borghi con una loro storia e cultura e soprattutto con tante tradizioni popolari che delineano con originalità la sua identità. Eppure la mano dell’uomo non è sempre rispettosa dell’ambiente e della casa comune, ne deturpa la bellezza. Si registrano cumuli di rifiuti domestici e commerciali, elettronici o industriali, detriti di demolizioni, lungo le strade, nei pressi delle fiumare, lungo le coste, nelle aree montane. Comportamenti riprovevoli ed incivili, che deturpano quel giardino nel quale Dio ha voluto stabilire la nostra abitazione. Non basta mettere in atto la raccolta differenziata dei rifiuti, se manca il senso civico ed il rispetto per l’ambiente, tipico della “cultura dello scarto”. Ogni comunità deve sentir propria la responsabilità di raccogliere i rifiuti che produce e fare in modo che l’ambiente sia pulito ed abitabile. Senza la partecipazione attiva e la collaborazione dei cittadini, e soprattutto senza vero amore per la natura che ci accoglie, non basta il lavoro di raccolta e smaltimento degli operatori ecologici, che faticano tanto e spesso sono in molti a lamentare di non essere ben retribuiti o di ricevere la paga mensile con molto ritardo. Cosa che crea disagio alla già debole economia familiare.

Vorrei rivolgere a tutto il popolo di Dio l’invito a vivere la Quaresima come tempo di conversione ecologica. Una “conversione ecologica” che esige una presa di coscienza della necessità di cambiare gli stili di vita, di vivere nella sobrietà e di riappropriarsi dell’essenziale della vita, senza perdersi nel superfluo o in un consumismo ossessivo, di fermarsi a gustare ed apprezzare la bellezza che ci circonda. Il Vangelo c’insegna che il bene e l’amore avranno sempre il primato sul male. E quando tutto sembra perduto, ci accorgiamo che tutto è connesso e che siamo chiamati a vivere in una relazione fraterna che ci rende comunità solidale. Questa conversione ci fa riscoprire la nostra comune vocazione di custodi del Creato. Una riscoperta che “è parte essenziale di un’esistenza virtuosa” e che “non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana” (Laudato sì, 217).

Buona Quaresima a tutti! Sia un bel cammino di rinnovamento interiore e di riconciliazione con Dio, con il prossimo e l’intero creato!

©2023 Pandocheion – Casa che accoglie. Diocesi di Locri-Gerace. Tutti i diritti sono riservati.

1° maggio, Atto di Affidamento dell’Italia a Maria

1° maggio, Atto di Affidamento dell’Italia a Maria

Raccogliendo la proposta e la sollecitazione di tanti fedeli, la Conferenza Episcopale Italiana affida l’intero Paese alla protezione della Madre di Dio come segno di salvezza e di speranza. Lo farà venerdì 1° Maggio, alle ore 21, con un momento di preghiera, nella basilica di Santa Maria del Fonte presso Caravaggio (diocesi di Cremona, provincia di Bergamo).

La scelta della data e del luogo è estremamente simbolica. Maggio è, infatti, il mese tradizionalmente dedicato alla Madonna, tempo scandito dalla preghiera del Rosario, dai pellegrinaggi ai santuari, dal bisogno di rivolgersi con preghiere speciali all’intercessione della Vergine. Iniziare questo mese con l’Atto di Affidamento a Maria, nella situazione attuale, acquista un significato molto particolare per tutta l’Italia.

Il luogo, Caravaggio, situato nella diocesi di Cremona e provincia di Bergamo, racchiude in sé la sofferenza e il dolore vissuti in una terra duramente provata dall’emergenza sanitaria. Alla Madonna la Chiesa affida i malati, gli operatori sanitari e i medici, le famiglie, i defunti.

Nella festa di San Giuseppe lavoratore, sposo di Maria Vergine, affida, in particolare, i lavoratori, consapevole delle preoccupazioni e dei timori con cui tanti guardano al futuro.

da chiesacattolica.it

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Salviamo le scuole pubbliche paritarie Lettera aperta di S.E. monsignor Francesco Oliva

 

 

ph agensir.it

S.E. monsignor Francesco Oliva, vescovo di Locri-Gerace, facendo proprie le preoccupazioni espresse dal Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, il 16 aprile scorso, in merito alla sospensione delle attività scolastiche di ogni ordine e grado ed in modo particolare sulle ripercussioni che la sospensione avrà sulle scuole paritarie, ha invitato il responsabile della Fondazione diocesana Opere di Religione, avv. Domenico Vestito, “ad un impegno concreto e sinergico con le realtà similari per rilanciare tali attività, sostenerle e coordinarle”.

Bisogna adoperarsi per scongiurare il pericolo della chiusura di questi “punti di riferimento fondamentali per l’educazione di tanti bambini”. Il vescovo, nella sua lettera, ha parlato delle difficoltà vissute da tutti in questi giorni: “Sono giorni difficili di angoscia e trepidazione, ma anche di attesa fiduciosa del superamento di questa fase di emergenza, determinata dalla diffusione del coronavirus. Tutto il mondo della scuola ha accolto con la massima responsabilità e con la scrupolosa osservanza le prescrizioni date ed ogni iniziativa, finalizzata a bloccare la propagazione di questo nemico subdolo e insidioso. E’ il tempo di pensare a come ripartire e definirne al meglio le linee con una progettualità chiara, che dia risposte certe ai tanti bisogni che si stanno progressivamente determinando”.

La Conferenza Episcopale Italiana aveva posto l’accento sul fatto che il decreto legge “CuraItalia”, adottato dal Governo per dare una prima risposta alle esigenze determinate da COVID-19, non affronta il tema delle scuole pubbliche paritarie; realtà, queste, che anche nella Locride interessano tantissimi alunni (soprattutto delle scuole primarie e dell’infanzia) e una forza lavoro composta da insegnanti, collaboratori e altro personale scolastico. Queste scuole rappresentano un riferimento formativo importante: “Sono realtà vive, dinamiche -scrive il Vescovo- centri educativi e, perché no, di sostentamento economico, sulle quali desidero richiamare tutti, e le istituzioni in particolare, a porre una particolare attenzione. Si tratta di strutture situate in paesi, il più delle volte piccoli o piccolissimi, nei quali non esistono altre esperienze educative e formative, dove anche lo Stato, molto spesso, ha chiuso le scuole. Segni di speranza e fiducia nell’avvenire. Il problema coinvolge, anzitutto, le famiglie, che continuano certamente a fruire del lavoro di queste realtà, attraverso la didattica a distanza, ma che faticano a sostenere le rette, peraltro sostanzialmente basse, a causa dall’assenza dal lavoro di uno o di entrambi i genitori. I gestori, poi, rischiano seriamente di non poter ripartire. Il contributo economico delle famiglie, infatti, è essenziale, rappresentando la quasi totalità delle risorse per la copertura delle consistenti spese, specie per quanto riguarda il personale, qualificato e professionale”.

L’appello di S.E. monsignor Oliva è stato immediatamente raccolto dal responsabile della Fondazione diocesana Opere di Religione, avv. Domenico Vestito, il quale si è messo in collegamento con quanti, a livello nazionale, stanno cercando di creare una rete di sensibilizzazione. Il primo punto della loro azione è quello di far approvare una norma che preveda il rimborso, alle famiglie delle rette che stanno sostenendo in questo periodo; l’altro punto riguarda la loro disponibilità ad offrire dei locali, anche alle scuole statali, per permettere il distanziamento sociale nella prospettiva di una riapertura. A livello regionale, ha dichiarato l’avv. Vestito, “sarà chiesto un incontro alla Presidente della Regione, Iole Santelli e all’Assessore Regionale all’Istruzione, perché in Calabria prendano avvio iniziative di sostegno specifiche, frutto di una piattaforma che elaboreremo con i gestori, oltre quelle che si stanno domandando a livello nazionale”.

Locri 21 aprile 2020

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“Il lavoro in un’economia sostenibile” Messaggio dei Vescovi per la Festa del 1° maggio 2020

Messaggio dei Vescovi per la Festa del 1° maggio 2020

 

“Il lavoro in un’economia sostenibile”

«Il Signore Dio pose l’uomo nel giardino di Eden,

perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen 2,15)

 

L’emergenza seguita alla diffusione del Covid-19 ci sta insegnando che le vicende dell’esistenza rimescolano le carte a volte in maniera improvvisa, rivelando la nostra realtà più fragile. Ci ha fatto comprendere quanto è importante la solidarietà, l’interdipendenza e la capacità di fare squadra per essere più forti di fronte a rischi ed avversità.

L’emergenza sanitaria porta con sé una nuova emergenza economica.

Nulla sarà come prima per le famiglie che hanno subito perdite umane.

Nulla sarà come prima per chi è stremato dai sacrifici in quanto operatore sanitario.

Nulla sarà come prima anche per il mondo del lavoro, che ha prima rallentato e poi ha visto fermarsi la propria attività. Già si contano danni importanti, soprattutto per gli imprenditori che in questi anni hanno investito per creare lavoro e si trovano ora sulle spalle ingenti debiti e grandi punti interrogativi circa il futuro della loro azienda.

Nulla sarà come prima per i settori che sono andati in sofferenza e vivono l’incertezza del domani: si pensi al turismo, ai trasporti e alla ristorazione, al mondo della cooperazione e del Terzo settore, a tutta la filiera dell’agricoltura e del settore zootecnico, alle ditte che organizzano eventi, al comparto della cultura, alle piccole e medie imprese che devono competere a livello globale e si vedono costrette a chiusure forzate, senza poter rispondere alla domanda di beni e servizi. Giorno dopo giorno, ora dopo ora, comprendiamo il serio rischio che grava su molti lavoratori e molte lavoratrici.

Nulla sarà come prima per tutte le realtà del Terzo settore e particolarmente quelle afferenti al mondo ecclesiale. Già in queste settimane abbiamo registrato gravi difficoltà nel sostenere gli oneri economici di queste imprese (scuole paritarie, case di riposo, cooperative sociali …), soprattutto nei confronti di coloro che vi lavorano. Per altro, non avendo finalità di lucro, le loro attività si svolgono, in gran parte, con margini di sicurezza economica molto ridotti. Non solo i prossimi mesi, ma il loro stesso futuro, rischia di essere pregiudicato.

È con questa preoccupazione nel cuore che ci apprestiamo a celebrare la Festa del 1° maggio di quest’anno.

  1. Il lavoro «in crisi»

In un sistema che – quando mette al centro l’esclusivo benessere dei consumatori e la crescita dei profitti delle imprese – è già problematico per sua natura, la crisi sanitaria e quella economica gravano sensibilmente sulla qualità e sulla dignità del lavoro.

Si generano purtroppo una quantità rilevante di persone «scartate». Le dimensioni del problema non sono più percepibili correttamente con le tradizionali statistiche di occupazione e disoccupazione, perché il lavoro anche quando non manca, spesso è precario, povero, temporaneo, lontano da quei quattro attributi definiti da papa Francesco: libero, creativo, partecipativo, solidale (EG 192).

Il problema della qualità e della dignità del lavoro si intreccia con altre dimensioni di insostenibilità tipiche dei nostri giorni. Già prima dell’emergenza del CoVid-19, lo svolgersi degli eventi è stato un continuo susseguirsi di emergenze sul fronte del lavoro e dei cambiamenti climatici. Si tratta di emergenze correlate, al punto che in alcuni casi (come per l’ex Ilva di Taranto) prospettano l’ingiusto dilemma di dover sacrificare un problema per cercare di risolvere l’altro. In realtà, quello che l’attualità ci sta chiedendo di affrontare, senza ulteriori ritardi o esitazioni, è una transizione verso un modello capace di coniugare la creazione di valore economico con la dignità del lavoro e la soluzione dei problemi ambientali (riscaldamento globale, smaltimento dei rifiuti, inquinamento). L’epidemia del coronavirus ha rafforzato la consapevolezza della nostra debolezza con un drammatico shock che ci ha scoperti nuovamente vulnerabili e fortemente interdipendenti ciascuno dall’altro, in un pianeta che è sempre di più comunità globale. «Nessuno deve perdere lavoro per il coronavirus» è stato lo slogan ripetuto all’indomani della crisi: è fondamentale che questo appello abbia successo, evitando le conseguenze negative di breve e medio termine. Sono auspicabili misure di aiuto a famiglie ed imprese che sappiano fare attenzione a proteggere tutti, soprattutto le categorie solitamente più fragili e meno tutelate come i lavoratori autonomi, gli irregolari o quelli con contratti a tempo determinato.

Il problema per i lavoratori più esposti non è solo quello della perdita del salario o dell’occupazione, ma anche quello delle condizioni sul luogo di lavoro. Gli operatori nella manifattura, nel settore alimentare e della logistica hanno assicurato anche nei giorni della crisi beni e servizi necessari per il resto del paese, lavorando in condizioni difficili e non sempre di sicurezza. Per non parlare degli eroi di questa emergenza, il personale medico e sanitario, professionale e volontario, che, mettendo a rischio la propria vita, non manca di garantire le cure alle vittime dell’epidemia.

Le emergenze dei nostri giorni sono la spia di un problema più profondo che riguarda l’orientamento della persona. L’orizzonte è quello dell’ecologia integrale della Laudato si’, che riprende e attualizza il messaggio della Dottrina sociale della Chiesa per far fronte alle nuove sfide. Abbiamo bisogno di un’economia che metta al centro la persona, la dignità del lavoratore e sappia mettersi in sintonia con l’ambiente naturale senza violentarlo, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile.

  1. Verso un’economia sostenibile

Costruire un’economia diversa non solo è possibile, ma è l’unica via che abbiamo per salvarci e per essere all’altezza del nostro compito nel mondo. E’ in gioco la fedeltà al progetto di Dio sull’umanità.

Per ridare forza e dignità al lavoro dobbiamo curare la ferita dei nostri profondi divari territoriali. Non esiste una sola Italia del lavoro, ma «diverse Italie», con regioni e zone vicine alla piena occupazione – dove il problema diventa spesso quello di umanizzare il lavoro, vivendo il riposo della festa – e regioni dove il lavoro manca e costringe molti a migrare.

Dobbiamo altresì avere il coraggio di guardare alla schizofrenia del nostro atteggiamento verso i nostri fratelli migranti: sono sfruttati come forma quasi unica di manovalanza, a condizioni di lavoro non dignitose in molte aree del Paese. Dobbiamo saper trasformare le reti di protezione contro la povertà – essenziali in un mondo dove creazione e distruzione di posti di lavoro sono sempre più rapidi e frequenti – in strumenti che non tolgano dignità e desiderio di contribuire con il proprio sforzo al benessere del Paese.

L’impegno sociale, politico ed economico per un lavoro degno non passa attraverso la demonizzazione del progresso tecnologico, che può essere invece preziosissimo alleato per sconfiggere più rapidamente un’epidemia o aiutarci a coltivare relazioni affettive e di lavoro a distanza, in un momento di necessaria limitazione delle nostre libertà di movimento. In ogni epoca della storia umana le rivoluzioni tecnologiche hanno sollevato i lavoratori dalla fatica e da mansioni ripetitive e poco generative, aumentando la creazione di ricchezza con la tendenza a concentrarla nelle mani dei pochi proprietari delle nuove tecnologie. Sono state le politiche fiscali progressive a redistribuire la maggiore ricchezza creata in occasione delle rivoluzioni tecnologiche nelle mani di molti, trasformandola in domanda diffusa e facendo nascere nuovi beni e servizi, attività, mestieri e professioni. Non è il progresso scientifico e tecnologico che «ruba» il lavoro, ma l’incapacità delle politiche sociali ed economiche di redistribuire la maggiore ricchezza creata.

  1. Il compito delle istituzioni e di ciascuno

In un mondo complesso come il nostro, il cambiamento non nasce con un atto d’imperio. Infatti, i rappresentanti delle istituzioni, anche quando sono animati dalle migliori intenzioni, si muovono in uno spazio pieno di limiti e vincoli e dipendono in modo cruciale da consenso e scelte dei cittadini e dai comportamenti delle imprese. Ciò vale per affrontare i problemi del tempo ordinario e quelli del tempo straordinario dove il successo del contenimento dell’epidemia passa attraverso la responsabilità sociale dei cittadini e i loro comportamenti.

La cittadinanza attiva e l’impegno di tutti noi in materia di stili di vita e di capacità di premiare con le nostre scelte prodotti e imprese che danno più dignità al lavoro sono oggi una leva di trasformazione che rende anche la politica consapevole di avere consenso alle spalle, quando si impegna con decisione a promuovere la stessa dignità del lavoro.

La sfida che abbiamo di fronte è formidabile e richiede l’impegno di tutti. C’è una missione comune da svolgere nelle diverse dimensioni del nostro vivere come cittadini che partecipano alla vita sociale e politica, come risparmiatori e consumatori consapevoli, come utilizzatori dei nuovi mezzi di comunicazione digitali. Questo chiede a tutti di dare un contributo alla costruzione di un modello sociale ed economico dove la persona sia al centro e il lavoro più degno. Così, senza rimuovere impegno e fatica, si può rendere la persona con-creatrice dell’opera del Signore e generativa.

Nel cammino che la Chiesa italiana sta facendo verso la 49ª Settimana Sociale di Taranto (4-7 febbraio 2021) siamo chiamati a coniugare lavoro e sostenibilità, economia ed emergenza sanitaria. L’opera umana sa cogliere la sfida di rendere il mondo una casa comune. I credenti possono diventare segno di speranza in questo tempo. Capaci di abitare e costruire il pianeta che speriamo.

La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro,
la giustizia e la pace

©2023 Pandocheion – Casa che accoglie. Diocesi di Locri-Gerace. Tutti i diritti sono riservati.

Un ecografo per l’Ospedale di Locri Dono del Vescovo e dei Sacerdoti

 

 

I sacerdoti della Diocesi di Locri-Gerace fanno dono di un ecografo al Presidio Ospedaliero di Locri. L’emergenza causata dalla diffusione del coronavirus ha fatto scattare in ogni dove la gara della solidarietà; la Chiesa è stata presente dall’inizio con la preghiera e con aiuti economici a favore delle strutture sanitarie e, attraverso la Caritas, per il sostegno alle fasce più deboli.

Nella Chiesa di Locri-Gerace, il Vescovo monsignor Francesco Oliva, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti gli operatori pastorali delle singole parrocchie si stanno prodigando, nonostante le oggettive difficoltà, per andare incontro a chi soffre più degli altri gli effetti di questa emergenza.

Sin dal primo momento, monsignor Oliva ha rivolto il suo pensiero al mondo della sanità, su cui pesano le responsabilità della cura e dell’assistenza sanitaria, mettendo a disposizione un immobile di proprietà della Diocesi, da utilizzare per l’incremento dei posti letto sanitari o per altre esigenze legate all’emergenza.

Risaputa la mancanza di tanti strumenti ospedalieri, il Vescovo ha pensato di donare per il Reparto di Terapia Intensiva un ecografo, per l’acquisto del quale ha chiesto aiuto a tutti i sacerdoti della Diocesi che hanno aderito all’iniziativa. L’ecografo, segno concreto di vicinanza, sarà consegnato nei prossimi giorni.

Per la scelta di questo importante strumento, il vescovo ha consultato esperti in materia sanitaria; questa, in sintesi, è una illustrazione dell’ecografo e delle sue funzionali.

L’utilizzo della ecografia in Terapia Intensiva è divenuta ormai una pratica comune e insostituibile, considerata dal mondo scientifico indispensabile per la cura dei pazienti.

L’ecografo per gli “intensivisti” è come il fonendoscopio del passato, si tratta infatti di uno strumento fondamentale sia per la diagnosi a letto del paziente che per seguire l’andamento terapeutico durante tutto il periodo di permanenza in Terapia Intensiva, riducendo la necessità di altri esami radiologici come l’Rx del torace o l’esame Tac.

L’ecografo donato alla Terapia Intensiva del nostro ospedale è di ultima generazione con software dedicato per le procedure di anestesia e rianimazione, di minimo ingombro e facile da trasportare anche in urgenza, con applicazione di sistema per ecografia polmonare, addominale, accessi vascolari, ecocardiografia, color doppler, anestesia e urgenza.

Progettato per soddisfare tutte le applicazioni “point of care”, ossia gli esami diagnostici da effettuare nel modo più comodo e immediato per i pazienti, preferibilmente laddove si trovano. E’ dotato di monitor  LED da 10,1 pollici con retroilluminazione e ottima qualità di immagine, comandi touch-screen molto intuitivi per facilitare le operazioni anche in condizioni critiche, utilizzabile anche con guanti, ideale per la Terapia Intensiva,  la Sala Operatoria  e in Urgenza, inoltre, incorpora la funzione Needle Mate, che serve a osservare nitidamente posizione e movimento degli aghi e degli utensili che si usano durante le operazioni chirurgiche e la funzione Auto IMTm che serve a misurare automaticamente e in tempo reale lo spessore dell’arteria carotide

In questo particolare momento di emergenza epidemica, è lo strumento fondamentale per la diagnosi della polmonite interstiziale da coronavirus.

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