A Siderno riaperta al culto la Chiesa di S. Maria dell’Arco

Riapertura al culto della Chiesa S. Maria dell’Arco

(Siderno 8 aprile 2021)

OMELIA

Mi piace vedere questa Chiesa parrocchiale come la scala del sogno di Giacobbe, una scala che “poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa” (Gn 28,11-18). Mi piace sognare la Chiesa come la scala di Giacobbe, che consente di raggiungere il cielo e di collegare la terra con il cielo. La terra, grazie a questa scala, non è più un deserto, un luogo solitario e di inutile faticare, ma una terra che consente di vedere il cielo che sta sopra di noi. E lo consente a tutti, anche all’uomo di oggi, spesso ripiegato su se stesso, adagiato su interessi troppo terreni. Presi dalle occupazioni terrene il nostro sguardo non deve perdere di vista il cielo, la vita eterna, il giudizio finale (“saremo giudicati sull’amore”, non dimentichiamolo). Il sommo poeta Dante direbbe: “Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. L’operare virtuoso e la ricerca del bello, del vero, del buono deve caratterizzare tutta la nostra vita.

Nel luogo da cui partiva la scala, Giacobbe, svegliatosi dal sonno, vede Dio ed esclama: “Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevoQuanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo“. Fu così che Giacobbe volle erigervi una stele, versando olio sulla sua sommità e chiamando quella località Betel, che in ebraico significa proprio “casa di Dio”. Anche se Dio possiamo incontrarlo in ogni luogo c’è bisogno di un luogo concreto ove vedere la sua presenza. La vocazione-missione di una chiesa parrocchiale è proprio questa. Noi fedeli, ministri sacri e fedeli laici, ne siamo i custodi. Custodire la bellezza della chiesa favorisce l’incontro con la Bellezza, con Dio. Qui è possibile attraverso la preghiera e la contemplazione incontrare Dio, vivere momenti di silenzio e di riflessione.

La Chiesa parrocchiale è nel territorio cittadino come la porta del cielo, la scala che collega la terra al cielo: in essa si ritrova la comunità, vi si riunisce, si apre al dialogo con tutti, si mette in ascolto, si riconcilia, prega, ritrova il gusto della festa. Altro che luogo di maldicenze, di passatempo o di inutili discorsi! È il luogo ove viene spezzata la Parola, ove ci si siede a mensa per vivere l’Eucaristia. Il luogo in cui chi vi entra ha occasione di riconoscere il Signore nel segno dello spezzare il pane, nel presentare al cielo i bisogni della terra, nell’aiutare uomini e donne a rivolgere lo sguardo a Dio, senza mai restare prigionieri delle cose terrene. Lasciamoci interpellare dal Signore: Quanti frequentano la chiesa v’incontrano veramente il Signore? Ricordiamoci che una delle poche volte in cui il Signore si mostra sdegnato e duro è stato quando si accorse che il tempio di Dio era stato trasformato in un mercato. Forse anche noi talvolta abbiamo vissuto l’esperienza di Giacobbe: “il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo”. Può essere accaduto di esserci dimenticato che la Chiesa è uno spazio aperto all’accoglienza del Signore, all’incontro tra fratelli, specie con quelli più poveri, all’ascolto ed al dialogo. Sia la confessione di Giacobbe motivo di esame di coscienza per tutti. Tanti non sanno o non riescono a vedere – spesso a causa della contro testimonianza dei cristiani – che la Chiesa è luogo sacro ove s’incontra il Signore, nel quale togliersi i calzari dai piedi. Tanti dimenticano che “questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo”. Il rito di questa sera vuole ricordarci tutto questo, farci prendere coscienza che siamo in un luogo sacro, da custodire, rispettare ed amare.

La seconda immagine che mi viene in mente è quella della fontana del villaggio: la Chiesa parrocchiale come fontana del villaggio. Ed è stato un grande Papa, San Giovanni XXIII, parlando della Chiesa, a definirla “l’antica fontana del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi, come la diede a quelle del passato” (13 novembre 1960).  L’immagine è davvero bella e suggestiva. Con i suoi spazi, le sue attività, i suoi momenti celebrativi la chiesa è la fontana del villaggio. Ciò che la caratterizza è la sua presenza nel quartiere, nei centri storici, nelle periferie, la sua vicinanza alla gente, il suo essere presente nei momenti della gioia e nel dolore, quando si fa festa e quando s’implora la misericordia del Padre, all’inizio della vita (battesimo) ed alla sua fine (esequie). In tutti i momenti più importanti della vita e dell’anno si ricorre in Chiesa. La chiesa ci si fa vicina. È la casa che vive tra le altre case, la casa dei poveri e dei bisognosi, dei giovani e degli anziani: è la casa di tutti. La fontana del villaggio continua a essere lì: con il passare del tempo mostra segni di fragilità, richiede di essere restaurata, di essere adeguata alle nuove esigenze. Quello che conta è che la fontana continui ad essere vicina alla gente, che continua a dare a tutti speranza, l’acqua che dà vita, vita eterna. Quell’acqua che sgorga da una fontana di una bellezza unica, perché – come diceva sant’Agostino – è “bellezza antica e sempre nuova”. Ma la sua fecondità non dipende tanto o solo dalla sua organizzazione, dalle manifestazioni che attirano le folle o dalle sue rappresentazioni capaci di suscitare emozioni: “non è data – come afferma Papa Francesco – né dal successo, né dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore” (7 luglio 2013). Quello che conta è che la fontana continui a essere fedele al suo Signore, ravvivata dal dono dello Spirito, abitata da una comunità unita nel nome della Trinità. Dobbiamo riconoscere – come ricorda sempre papa Francesco – che “la diffusione del Vangelo non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili. Quello che conta è essere permeati dall’amore di Cristo, è lasciarsi condurre dallo Spirito Santo, è innestare la propria vita all’albero della vita, che è la Croce del Signore”.

L’acqua che sgorga dalla fontana ha la sua fonte in Gesù, è Lui la sorgente che l’alimenta. Ma Gesù non è un fantasma! Non è un’idea o un personaggio del passato, un ideale da seguire, ma una persona che possiamo incontrare, di cui possiamo fidarci. È il vivente, il Risorto, Colui con il quale poter avere un rapporto personale. Lo si può incontrare per via, nella vita quotidiana, nel lavoro onesto, nella disponibilità a donarsi, nel soccorrere il bisognoso, ma anche nella Scrittura, letta con intelligenza, alla luce dello Spirito Santo che la ispira. Lo possiamo incontrare nel volto dei poveri e sofferenti, nei malati. Facciamo in modo che le nostre chiese rendano sempre più visibile la presenza del Signore, che l’incontro con Lui attraverso i Sacramenti alimenti la nostra fede. Quella fede nel Signore Risorto, che vive tra noi e non ci abbandona mai. Egli è Colui che ci cammina al fianco come ha fatto con i discepoli di Emmaus, per aiutarci, lungo la via, a comprendere le Scritture che ci parlano di Lui e ci mostrano il volto del Padre. Amen.

✠ Francesco Oliva

Vescovo di Locri-Gerace

 

ph Archinà

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